(Roma, 31 maggio 2025). La pace non c’è ancora ma la trattativa non è saltata. Hamas ha presentato la sua contro proposta al piano statunitense per porre fine al conflitto a Gaza prospettato dall’inviato speciale statunitense Steve Witkoff, che rappresenta il presidente Donald Trump.
L’organizzazione che controlla la striscia di Gaza ha accettato di negoziare sul tema della liberazione degli ostaggi e di consegnare 10 prigionieri rapiti il 7 ottobre 2023 nel corso delle incursioni avvenute sul territorio israeliano, all’inizio di una guerra che procede da oltre 600 giorni e per cui non si vedono ancora speranze realistiche di fine. Ma prima di definire tramontata definitivamente la trattativa urge ricordare che non è arrivata una respinta definitiva della proposta statunitense ma bensì il tentativo di migliorarla anche alla luce dell’esperienza recente.
L’insoddisfacente prova della diplomazia nel contesto del naufragio del cessate il fuoco siglato a gennaio in Qatar e rotto unilateralmente da Israele nel marzo scorso ha spinto Hamas a chiedere margini per impedire a Benjamin Netanyahu di ricominciare la guerra in caso di stop temporaneo ai combattimenti.
Ad oggi nulla di fatto ma la situazione è liquida. In quest’ottica prima di parlare di naufragio totale del tentativo di porre fine alla guerra bisognerebbe essere cauti. Anche perché va considerato il fatto che, se da un lato un vero e proprio negoziato mediato da un attore ufficiale non c’è più, come dimostrato di recente dalle parole pessimistiche della diplomazia del Qatar, é pur vero che la diplomazia informale dell’inviato speciale di Trump sta cercando di creare un cuneo tra due attori altrimenti poco propensi a parlarsi. E che Washington sta mostrandosi propensa a cercare di mettere a fattore comune le esigenze delle parti.
Dunque si può ritenere che la proposta in esame e che inizialmente Israele in Netanyahu avevano accettato con entusiasmo, anche perché non conteneva esplicite prese di posizione sulla possibilità che le forze armate di Israele si ritirassero dai corridoi occupati a Gaza, non rappresentasse un’azione diplomatica ultimativa, della serie ” Prendere o lasciare”, ma fosse un’ipotesi di studio migliorabile. Hamas non ha, al contrario di come suggerito da molte letture mediatiche respinto unilateralmente la proposta americana, ma si è presa più giorni per valutarla e formularne una sua versione. Da qua in avanti bisognerà capire dove andranno le negoziazioni. Una trattativa indiretta è tornata a esserci, con gli Usa al centro. Registriamo questo sforzo, un minimo barlume di diplomazia in un’enorme sequela di tragedie. Da cui può emergere un seme di speranza, se ben coltivato.
Di Andrea Muratore. (Inside Over)