(Roma, 27 maggio 2025). Quando leader politici e monarchi sono arrivati a Baghdad per il vertice della Lega Araba, hanno trovato una capitale determinata a mostrarsi forte, con alle spalle gli orrori della guerra. Ma sotto la patina dell’accoglienza, la città resta attraversata da tensioni profonde. Il monumento che segna il luogo in cui un drone statunitense uccise Qassem Soleimani nel 2020 è ancora lì, a ricordare un evento che ha scosso l’Iraq e ha alimentato le richieste, ancora oggi attuali, di un ritiro completo delle truppe straniere.
Dopo anni di stallo, la missione della Coalizione anti-Isis, creata nel 2014, terminerà ufficialmente nel settembre 2025. Tuttavia, il ritiro non sarà totale: restano in piedi accordi bilaterali e operazioni contro l’organizzazione terroristica in Siria, con basi probabilmente localizzate nel Kurdistan iracheno. Questa ambiguità alimenta le divisioni interne. Le milizie filo-iraniane chiedono l’uscita totale degli stranieri, mentre sunniti e curdi vedono nella presenza militare esterna un contrappeso all’influenza di Teheran.
Dhiaa al-Asadi, ex leader del blocco sadrista al Parlamento, è netto: “Ogni trattativa è compromessa dalla presenza di truppe straniere. La sovranità irachena deve essere il punto di partenza, non interessi di parte o logiche etniche”. Altri, più pragmatici, ritengono che la minaccia di ISIS, sebbene ridotta, e le tensioni regionali giustifichino una cooperazione militare limitata, soprattutto in campo tecnico e d’intelligence.
Nel frattempo, il premier Mohammed Shia al-Sudani cerca di rilanciare l’Iraq oltre la sicurezza: ha firmato accordi economici a Washington, cercando investimenti in energia, istruzione e infrastrutture. Ma il contesto regionale è ostile. Il conflitto a Gaza coinvolge milizie irachene, mentre la crisi in Siria e le tensioni tra Israele e Iran accrescono l’instabilità. Il governo teme ripercussioni dai negoziati sul nucleare iraniano e dalle mosse del nuovo Governo Trump, fortemente pro-Israele.
Le sfide economiche di Baghdad
Sul fronte interno, il Paese ha completato il primo censimento in 40 anni: una tappa storica, ma potenzialmente esplosiva, perché potrebbe ridisegnare gli equilibri tra le componenti etniche e religiose. Le tensioni con il Kurdistan restano preoccupanti, aggravate dalle dispute costituzionali e dal timore curdo di perdere peso politico.
L’economia irachena, dipendente per il 95 per cento dal petrolio, è vulnerabile alle fluttuazioni del mercato e ai singhiozzi dell’economia cinese. Il recente abbandono del sistema di aste in dollari potrebbe rafforzare il mercato nero e complicare la gestione valutaria. Baghdad punta a ridurre il peso del settore pubblico e diversificare l’economia, ma i settori non petroliferi stentano.
L’inflazione è prevista in lieve aumento (3,5 per cento) e la disoccupazione, ufficialmente al 15,5 per cento, è spaventosamente alta tra i giovani.
Sul piano ambientale, l’Iraq affronta una crisi idrica crescente. Il flusso del Tigri e dell’Eufrate è calato del 30 per cento dagli anni Ottanta e potrebbe ridursi della metà entro il 2030. L’agricoltura è in crisi e l’esodo rurale verso le città rischia di alimentare tensioni sociali. Finora, le politiche idriche del governo sono state deboli, mentre le accuse a Iran e Turchia per le dighe a monte restano l’unica risposta ufficiale.
La parola chiave per il 2025 è dunque “sovranità”. In un contesto dominato da pressioni esterne e fragilità interne, l’Iraq deve ricostruire la propria indipendenza strategica. Che si tratti di contenere l’influenza iraniana, affrontare una possibile ostilità trumpiana o gestire la transizione post-Coalizione, Baghdad dovrà difendere i propri interessi nazionali con equilibrio. Se Teheran è accettato come vicino eterno, sarà fondamentale ridefinire il rapporto in termini di rispetto reciproco.
L’Iraq insomma resta un laboratorio di tensioni in un Medio Oriente attraversato da fratture irrisolte e alleanze in evoluzione. È probabile che solo un deciso rafforzamento dello Stato, attraverso riforme politiche, indipendenza economica e capacità militare autonoma, potrà garantirgli un futuro decente.
Di Paolo Mossetti. (Inside Over)