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Volodymyr Zelensky avvisa i leader stranieri. «A Mosca rischiate…»

(Roma, 04 maggio 2025). Parata del 9 maggio, Kiev : «Pericolo provocazioni». Ira del Cremlino : «Se attaccate non arrivate al 10»

Altro che tregua, altro che pace. La guerra tra Russia e Ucraina continua, sia sul campo che fuori tra insulti, provocazioni e minacce che certificano, una volta di più, la distanza tra i due Paesi che al momento nemmeno le più autorevoli mediazioni riescono ad appianare. L’ultimo caso riguarda la parata del 9 maggio a Mosca in cui la Russia celebra la vittoria nella Seconda guerra mondiale, che ha portato il Cremlino a proporre una tregua di tre giorni. Ieri il presidente ucraino Zelensky ha detto che non può garantire la sicurezza dei leader stranieri che sfileranno nella capitale russa, non tanto per minacciare quanto per manlevarsi da eventuali problemi di cui poi venire accusati. Di contro il Cremlino minaccia ancora Kiev, con il solito estremista Medvedev sempre in prima fila.

Le parole di Zelensky più che minacciose sembrano il più classico dei «mettere le mani avanti», temendo che i russi possano «inscenare incidenti che coinvolgono ospiti stranieri per e poi scaricare la colpa sull’Ucraina». «Non possiamo essere ritenuti responsabili di ciò che accade sul territorio della Federazione Russa. Sono loro a garantire la sicurezza e, pertanto, non offriremo alcuna garanzia – spiega Zelensky – Potrebbero intraprendere determinate azioni, incendi dolosi, esplosioni e così via e poi accusarci. Come presidente, sconsigliamo di visitare la Russia per motivi di sicurezza. E se scegliete di andarci, non chiedetecelo. È una vostra decisione personale». Tanto basta al mai moderato Medvedev per attaccare Kiev. «Sono semplicemente provocazioni – dice il vicepresidente del Consiglio di sicurezza – Il pazzoide verde con la barba lunga deve capire che nel caso di una vera provocazione nel Giorno della Vittoria, nessuno può garantire che Kiev arriverà al 10 maggio». Ma la vera provocazione tattica che fa imbestialire il Cremlino arriva da Londra. Le truppe ucraine infatti si uniranno a quelle britanniche a Londra, per le celebrazioni inglesi, il giorno prima di quelle russe per la vittoria alleata nella Seconda Guerra Mondiale. Oltre ai mille militari fra Royal Navy, Royal Marines, British Army, and Royal Air Force ci saranno dunque anche soldati ucraini. Un gesto simbolico di sostegno alla resistenza ucraina all’invasione russa, secondo Londra che irrita non poco Mosca. «Una bestemmia e una mancanza di rispetto per la memoria dei loro antenati», la definisce il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

In questo clima rovente, comunque, le trattative condotte dagli stati Uniti continuano in qualche modo. Zelensky ha ribadito che proposte di tregua di tre giorni non sono serie e torna a chiedere un cessate il fuoco incondizionato di almeno 30 giorni. Il presidente ucraino ha parlato anche del rinnovato rapporto con Trump, dopo il faccia a faccia in Vaticano ai funerali di papa Francesco, che potrebbe spostare gli equilibri. «Sono fiducioso che dopo il nostro incontro in Vaticano, il presidente Trump abbia iniziato a vedere le cose in modo un po’ diverso», ha detto. Il solito Peskov invece, continua a ritenere responsabile l’Ucraina del conflitto e spiega che «ci aspettiamo dichiarazioni definitive e inequivocabili e, soprattutto, azioni volte a ridurre l’escalation del conflitto», parlando di «riluttanza del regime di Kiev a rispondere direttamente alla proposta della Russia» che «dimostra chiaramente che il suo fondamento ideologico è il neonazismo», seguendo quella per nulla credibile narrazione che al Cremlino piace tanto per giustificare la sua guerra di invasione. Peskov dice anche che «lo scopo della tregua proposta dalla Russia è quello di testare la disponibilità di Kiev a trovare soluzioni per una pace sostenibile a lungo termine tra Russia e Ucraina», ovviamente, si intende, alle condizioni che la Russia cerca di imporre.

Mentre Zelensky ribadisce l’appello al parlamento di non sabotare l’accordo sulle terre con gli USA in vista del voto dell’8 maggio, Putin regala un’altra perla dicendo che ogni giorno deve trattenersi dal desiderio di prendere qualcuno a pugni. «Sempre, ci convivo, ma lo combatto», ha detto. Chissà cosa mai potrebbe fare se non si trattenesse.

Di Matteo Basile. (Il Giornale)

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