(Roma, 14 aprile 2025). Il 12 marzo scorso, durante una riunione del Consiglio dei Ministri, il governo ungherese guidato da Viktor Orbán ha approvato lo svolgimento di un referendum sull’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea. Come affermato da Gergely Gulyás, Ministro responsabile dell’Ufficio del Primo Ministro, durante la conferenza stampa svoltasi dopo la riunione di governo, la posizione espressa da Ursula Von der Leyen circa la possibilità di finalizzare l’ingresso di Kiev nella UE entro il 2030 sarebbe oltraggiosa e il popolo ungherese deve avere il diritto di esprimersi su questa tematica delicata.
Lo schema scelto da Orban
Lo schema scelto dal governo Orbán è quello della “nemzeti konzultácio”, ossia di una consultazione nazionale di carattere non vincolante. A partire da metà aprile, i cittadini ungheresi riceveranno via posta un plico contenente una sola scheda con il quesito referendario e una busta affrancata da utilizzare per inviare il proprio voto all’autorità competente. Agli elettori verrà chiesto direttamente di esprimere il proprio accordo o meno circa l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e le schede dovranno pervenire all’autorità elettorale entro la fine di maggio.
Il meccanismo della consultazione nazionale è stato ampiamente usato in precedenza da Viktor Orbán per legittimare le posizioni del governo ungherese dietro una apparente facciata democratica, in una sorta di contatto diretto tra cittadini e governo. In realtà, i quesiti sono spesso posti in modo da favorire la posizione governativa e, di conseguenza, la partecipazione è solitamente bassa, venendo di fatto limitata agli elettori di Fidesz. Anche in occasione dell’attuale “nemzeti konzultácio” lo scenario potrebbe essere simile, anche se il tema in questione risulta essere estremamente divisivo nella società magiara.
Cosa dicono i sondaggi
In base a quanto riportato da un sondaggio dell’istituto Medián, infatti, il 33% degli elettori ungheresi sarebbe nettamente contrario all’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea, mentre il 23% sarebbe moderatamente contrario. Ne conseguirebbe, quindi, che oltre il 50% della popolazione sarebbe contraria a vedere Kiev nell’Unione. Lo studio di Medián, tuttavia, si basa sulle posizioni espresse in caso di domanda secca, come sarà appunto quella inclusa nelle schede referendarie. Un altro sondaggio, svolto dal Republikon Intézet, mostra invece una realtà più sfumata. Secondo quanto riportato dall’istituto, infatti, il 32% degli elettori sarebbe a favore di un processo di integrazione basato sulle tempistiche standard, mentre il 15% sarebbe a favore di una procedura accelerata. Sfumando la domanda e ponendo delle condizioni all’entrata di Kiev nell’Unione, il 47% dei magiari sarebbe quindi a favore, a fronte del 46% nettamente contrario.
Di fronte a un apparente disimpegno delle opposizioni, tanto degli schieramenti tradizionali, quanto della nuova opposizione guidata da Péter Magyar, il Fidesz sembrerebbe invece essere intenzionato a mobilitare ingenti risorse per vincere una battaglia vista come di fondamentale importanza nello scontro con Bruxelles. La questione ucraina, da sempre di scottante interesse in Ungheria per via dei rapporti tra Kiev, Budapest e la minoranza ungherese nella regione della Transcarpazia, è addirittura entrata nelle “12 richieste della nazione ungherese a Bruxelles”, lanciate da Orbán il 15 marzo, ossia in quello che sembrerebbe essere il documento che delineerà la politica di Budapest nei confronti dell’Unione da qui al 2026, anno delle prossime elezioni.
La campagna referendaria
Oltre a una campagna referendaria martellante basata sui manifesti che ritraggono Ursula Von der Leyen, Manfred Weber e Volodymyr Zelens’kij contornati dalla scritta “Non lasciare che decidano sopra la tua testa!”, il governo ungherese sembrerebbe essere pronto a ricorrere a un vero e proprio terrorismo psicologico. Oltre a ricordare incessantemente il pericolo che questo rappresenterebbe per la pace europea, Fidesz basa la propria azione anche sull’impatto che l’ingresso di un Paese distrutto da anni di guerra avrebbe sull’economia dell’Unione, sulla ricaduta che l’apertura dei mercati europei a Kiev avrebbe per gli agricoltori e sul presunto pericolo per il sistema pensionistico ungherese. Tutti punti estremamente delicati che verranno inclusi nell’opuscolo intitolato “Principali rischi che l’ingresso dell’Ucraina comporterebbe” che verrà inviato agli elettori nello stesso plico contenente le schede per la consultazione nazionale, la cui indipendenza rischia così di venire inficiata da una propaganda a senso unico decisamente a favore della posizione governativa.
Di Davide Galluzzi. (Inside Over)