(Roma, Parigi, 17 marzo 2025). L’Europa si prepara a un’era di riarmo senza precedenti, spinta dall’ombra lunga della guerra in Ucraina e dall’incertezza sul futuro impegno degli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump. Mentre i leader dell’Unione Europea discutono il piano ReArm Europe – un progetto da 800 miliardi di euro per potenziare le difese del continente – una tendenza emerge con chiarezza: le industrie tedesche e francesi stanno rapidamente diventando le grandi vincitrici di questa corsa agli armamenti. Da Volkswagen a Rheinmetall, da KNDS a Thales, le aziende di Berlino e Parigi si posizionano al centro di una trasformazione economica e militare che potrebbe ridisegnare gli equilibri industriali del Vecchio Continente.
Volkswagen e il volto nuovo dell’industria tedesca
L’ultima notizia arriva da Wolfsburg, quartier generale di Volkswagen, il colosso automobilistico più grande d’Europa. Oliver Blume, amministratore delegato dell’azienda, ha dichiarato che VW è pronta a valutare la conversione di parte dei suoi stabilimenti per produrre equipaggiamenti militari per l’esercito tedesco. “Non siamo ancora stati contattati da partner specifici, ma siamo aperti a considerare i progetti”, ha detto Blume, lasciando intendere che il gigante dell’automotive potrebbe presto unirsi a un trend già in atto. Non si tratta di un caso isolato: aziende come Rheinmetall, leader nella produzione di munizioni e carri armati Leopard, e KNDS Group, joint venture franco-tedesca specializzata in veicoli corazzati, stanno già riconvertendo impianti automobilistici in linee di produzione bellica.
Questa mossa riflette una necessità strategica per la Germania. Dopo anni di crisi nell’industria automobilistica – segnata da costi energetici elevati, competizione cinese e calo della domanda di veicoli tradizionali – il riarmo offre una via d’uscita. La proposta di un fondo tedesco da 500 miliardi di euro per infrastrutture e difesa, annunciata dai negoziati tra CDU/CSU e SPD, insieme alla sospensione del “freno al debito” costituzionale, apre le porte a investimenti massicci. Per Volkswagen, che affronta tagli di capacità e migliaia di posti di lavoro a rischio, la produzione di equipaggiamenti militari potrebbe rappresentare non solo una boccata d’ossigeno, ma un’opportunità per reinventarsi come attore chiave in un’economia di guerra.
Francia: il potere silenzioso di KNDS e Thales
Anche la Francia non resta a guardare. KNDS, che produce il carro armato Leopard 2 e il veicolo da combattimento Puma, ha recentemente acquisito un’ex fabbrica ferroviaria a Görlitz, in Germania, per espandere la sua capacità produttiva, mentre Thales, gigante dell’elettronica e della difesa, vede le sue azioni salire vertiginosamente (+40% dall’inizio dell’anno). Il piano europeo da 150 miliardi di euro in prestiti congiunti, proposto dalla Commissione UE, favorisce Paesi con industrie belliche consolidate come la Francia, capace di offrire sistemi avanzati – dai radar ai missili – che si integrano perfettamente nelle esigenze di un riarmo rapido e interoperabile.
Parigi beneficia anche di una visione politica chiara. Il governo francese ha storicamente sostenuto il concetto di “autonomia strategica” europea, spingendo per una difesa meno dipendente dagli USA. Questo approccio trova eco nel piano “ReArm Europe” di Ursula von der Leyen, che prevede l’uso di obbligazioni Ue per finanziare acquisti congiunti di armamenti – un meccanismo che avvantaggia Paesi con una base industriale già solida, come Francia e Germania, rispetto a nazioni meno attrezzate.
Perché Germania e Francia vincono
Il vantaggio di Berlino e Parigi non è casuale. Entrambi i Paesi vantano industrie manifatturiere avanzate, capaci di passare rapidamente dalla produzione civile a quella militare. In Germania, aziende come Rheinmetall stanno già assorbendo manodopera qualificata da giganti dell’auto come Bosch e Continental, mentre Volkswagen potrebbe presto seguire lo stesso percorso. In Francia, la filiera di KNDS e Thales è pronta a rispondere alla domanda crescente di tecnologia militare sofisticata. Inoltre, la loro posizione dominante nel mercato europeo permette di attrarre la maggior parte dei contratti previsti dal piano Ue, che privilegia l’acquisto interno per garantire “interoperabilità e consolidamento industriale”.
Questo squilibrio ha un costo per il resto d’Europa. Paesi come l’Italia, con Leonardo in crescita ma con una capacità produttiva più limitata, o gli Stati dell’Est, ancora dipendenti da equipaggiamenti ex sovietici, rischiano di restare ai margini. Il think tank Bruegel stima che l’UE debba investire almeno 250 miliardi di euro all’anno per deterrere la Russia, ma gran parte di questa cifra finirà nelle casse di chi è già pronto a produrre: Germania e Francia. Non aiuta il fatto che, tra il 2022 e il 2023, quasi l’80% della spesa europea per la Difesa sia andata a fornitori extra-UE, secondo il rapporto Draghi sulla competitività, evidenziando la frammentazione dell’industria continentale.
Una nuova economia di guerra
Il riarmo europeo non è solo una questione militare, ma economica. Per la Germania, rappresenta una chance di rilancio dopo due anni di contrazione economica; per la Francia, un modo per consolidare il suo ruolo di leader tecnologico. Ma il piano ReArm Europe solleva interrogativi: riuscirà l’Ue a bilanciare gli interessi nazionali con una strategia collettiva? O diventerà un gioco a somma zero, dove Berlino e Parigi prosperano a spese degli altri? Mentre Volkswagen valuta di costruire carri armati e Rheinmetall prevede vendite militari fino a 100 miliardi di euro entro il 2030, una cosa è certa: il riarmo sta ridisegnando l’industria europea, e Germania e Francia sono già in pole position.
Di Giuseppe Gagliano. (Inside Over)