(Roma, Beirut, 17 marzo 2025). Spari, raid, scontri e accuse reciproche: la frontiera siro-libanese nelle ultime ore è diventata teatro dell’ennesimo fronte di tensione in medio oriente. E, forse, era solo questione di tempo. La linea di confine in questione separa un Libano in crisi, da tempo oscillante sul filo del fallimento, da una Siria che deve ancora definire i propri contorni istituzionali e politici. Specialmente dopo la caduta di Bashar Al Assad e l’arrivo a Damasco dei miliziani dell’ex gruppo islamista di Hayat Tahrir Al Sham (Hts), guidati da Abu Mohammad al-Jolani.
Le accuse di Damasco
Tutto è partito quando, nella serata di domenica, il ministero della Difesa del nuovo governo siriano ha accusato Hezbollah di aver colpito una postazione del proprio esercito e di aver rapito, subito dopo un blitz in territorio siriano, tre soldati successivamente uccisi. Un attacco, se confermato, dalla dinamica non dissimile da quello che, nel luglio del 2006, Hezbollah aveva attuato ai danni di Israele.
Dall’accusa alla minaccia di risposta rapida, il passo è stato breve. Da Damasco sono arrivati, nella zona degli scontri, uomini e mezzi per dar manforte ai gruppi già presenti. L’area in questione, per la cronaca, è quella di Zaita. Si tratta di una località siriana a ridosso del confine libanese all’interno della provincia di Homs. Le forze siriane hanno lanciato, nel corse della notte, raid e ordigni verso Qasr, località libanese prossima alla frontiera, ed Hermel. Quest’ultima è la città di riferimento dell’area, corrispondente alla parte settentrionale della Valle della Bekka libanese. Gli scontri, secondo i media locali, hanno causato almeno otto morti tra i civili.
Hezbollah nega il coinvolgimento negli scontri
Da Beirut tuttavia, i canali ufficiali ricollegabili a Hezbollah hanno negato di aver fatto incursione in Siria e di aver rapito e ucciso tre soldati siriani. Secondo i vertici del movimento, sarebbero state le forze di Damasco le prime ad attaccare. Gli scontri, secondo questa versione, potrebbero essere ricollegabili alla reazione di gruppi sciiti locali non direttamente affiliati ad Hezbollah.
Così come ricostruito sul quotidiano libanese francofono L’Orient le Jour, nel pomeriggio di domenica almeno quattro uomini armati avrebbero provato a infiltrarsi dalla Siria in territorio libanese. Da qui la reazione di alcuni gruppi locali sciiti e gli scontri lungo il confine. L’esercito di Beirut è intervenuto per placare gli animi e per stabilire contatti con le forze siriane. Sono stati gli stessi soldati libanesi a riconsegnare, tramite la Croce Rossa locale, i corpi delle vittime siriane dei combattimenti. Tra cui quelli dei tre soldati che Damasco sostiene essere stati rapiti e uccisi da Hezbollah.
Cosa può accadere adesso
L’unica cosa certa, è che a distanza di ore gli scontri stanno proseguendo. A confermarlo sono stati i giornalisti di Al Arabiya, presenti sul posto e rimasti sotto il tiro di entrambe le parti in lotta. Secondo alcune fonti, a intermittenza le nuove forze siriane stanno continuando a lanciare ordigni, mentre dall’altra parte del confine Hezbollah, seppur inizialmente non direttamente coinvolto, starebbe dando manforte ai gruppi locali. Eppure, nessuna delle parti in causa a ben vedere avrebbe l’interesse ad avviare nuovi fronti di tensione.
Come detto però in precedenza, la presenza di un confine così labile può essere soltanto un fattore di destabilizzazione. Dalla parte libanese, ci sono diverse comunità sciite che temono la presenza, lungo l’altra sponda della frontiera, del nuovo esercito siriano. Un esercito costituito, è bene ricordarlo, da ex miliziani jihadisti ed islamisti radunati sotto la guida di Al Joulani. Le nuove forze di Damasco, a loro volta, temono che Hezbollah possa infiltrarsi in Siria per non perdere il contatto con le linee di rifornimento che dall’Iran portano armi in Libano. Una semplice scintilla, in un contesto del genere, rischia di far saltare il banco. Proprio come accaduto nelle scorse ore.
Di Mauro Indelicato. (Inside Over)