(Roma, 04 marzo 2025). Previa un’adeguata compensazione dei danni prodotti con il sostegno bellico ad Assad negli ultimi anni di guerra civile e un sostegno diplomatico al nuovo corso politico, la Russia potrebbe riuscire a mantenere la presenza militare in territorio siriano. Sembra essere questo l’orientamento politico del Governo di Damasco guidato dal Al-Sharaa del fronte islamista ribelle HTS, salito al potere dopo la caduta di Assad nel dicembre del 2024, espresso nell’ambito delle trattative in corso fra Mosca e Damasco per definire il futuro della storica presenza russa in Siria.
Com’è noto, in Siria la Federazione Russa possiede due importanti basi militari legate a storici accordi siglati diversi decenni fa con il regime di Assad. A Tartus, lungo la costa del Mediterraneo, Mosca gode di un contratto di locazione valido per 49 anni per l’utilizzo esclusivo di una strategica base navale, mentre un altro contratto a tempo indeterminato garantisce a Mosca l’utilizzo dell’altrettanto strategica base aerea di Hmeimim, a 60 chilometri a Nord di Tartus.
Con la caduta di Assad, appoggiato da Mosca nella guerra civile contro le fazioni ribelli che hanno minacciato il suo potere fino ad avere successo alla fine del 2024, è stato presumibile per molti osservatori, complici anche alcune manovre strategiche effettuate dalla Russia in concomitanza del cambio di regime politico, ipotizzare la fine della presenza militare russa in Siria. Col tempo invece, si è affermato un approccio pragmatico da parte di entrambi gli attori che, nei negoziati che gli hanno visti protagonisti, hanno fatto prevalere interessi e calcoli strategici sopra i rancori legati ad alleanze e prese di posizioni passate.
Niente estradizione per Bashar al-Assad
La convenienza russa nel poter mantenere gli avamposti militari che garantiscono un facile ed immediato accesso al Mediterraneo, si sposa con l’interesse siriano nel mantenere una partnership che può alleviare difficoltà economiche e finanziarie in un periodo di complessa ripresa economica e di incertezza sul piano delle alleanze internazionali. Ed è per questo che la proposta avanzata da Damasco ha una natura prevalentemente economica. Si tratta di richieste esplicite rivolte a Mosca che, oltre a un rinnovato sostegno diplomatico che superi definitivamente l’era Assad, insistono sul risarcimento per i danni inflitti durante la guerra civile per un valore di 400 miliardi di dollari e l’estinzione di tutti i debiti contratti dalla Siria di Assad con Mosca per un valore di circa 20 miliardi di dollari.
La Russia, dal suo punto di vista, sembra ben disposta a un accordo e al superamento di possibili ostilità di principio nei confronti del nuovo corso di potere siriano. Fonti diplomatiche direttamente coinvolte nelle trattative hanno riferito che negli ultimi giorni una telefonata diretta fra Putin e Al-Sharaa ha avuto toni “costruttivi”, mentre è stata smentita l’ipotesi secondo cui all’interno dello scambio negoziale ci possa essere anche la futura estradizione di Bashar Al-Assad, rifugiatosi a Mosca, a Damasco per affrontare un processo penale.
In una Siria smembrata all’interno, con la presenza di truppe statunitensi e turche a Nord, quelle russe nel centro-Est del Paese, e l’incertezza sul futuro delle milizie filo-iraniane, anche l’influenza di Israele, che negli ultimi mesi ha ampliato il raggio della sua occupazione illegale delle alture del Golan siriano che prosegue dal 1967 fino a coprire uno spazio di 2.500 chilometri quadrati e recentemente si è impegnata in azioni militari di bombardamento di siti militari nei pressi di Damasco per soddisfare le proprie “esigenze di sicurezza”, si fa sentire in maniera preponderante. Secondo quanto riferito da Reuters infatti, in queste settimane Tel Aviv sta esercitando forti pressioni sugli Stati Uniti affinché sia consentito alla Russia di rimanere militarmente nel Paese, una strategia che permetterebbe alla Siria di restare in uno stato di frammentazione e debolezza e sarebbe utile anche al contenimento dell’espansione dell’influenza turca che è in enorme crescita, in virtù anche dei recenti accordi siglati fra Ankara e Damasco.
Di Thomas Brambilla. (Inside Over)