(Roma, 17 febbraio 2025). La comunicazione ufficiale sulla partecipazione di Giorgia Meloni al vertice informale sull’Ucraina – convocato con urgenza dal presidente francese Emmanuel Macron dopo l’accelerazione impressa dal presidente americano Donald Trump alle trattative di pace con il presidente russo Vladimir Putin, che di fatto taglia fuori l’Europa – arriva poco le 9 del mattino da palazzo Chigi. L’aggiornamento dell’agenda a poche ore dalla riunione dell’Eliseo testimonia la « freddezza » con cui la premier ha accolto l’iniziativa di Parigi, il cui formato ha destato più di qualche perplessità visto che al tavolo alla fine non sono stati invitati anche quei paesi interessati da vicino alla guerra perché confinanti con la Russia o con l’Ucraina, come ad esempio Finlandia e paesi baltici.
Perplessità di cui, secondo quanto si apprende, Meloni non avrebbe fatto mistero nel corso del vertice. «Ho voluto essere presente per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia – la linea della premier – ma ho espresso le mie perplessità riguardo un formato che esclude molte Nazioni, a partire da quelle più esposte al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti». Per Meloni, comunque, «le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire».
L’incontro di Parigi, a cui la premier arriva per ultima, è comunque per Meloni un’utile occasione di confronto per discutere delle varie ipotesi in campo. «Quella che prevede il dispiegamento di soldati europei in Ucraina mi sembra la più complessa e forse la meno efficace», avrebbe evidenziato, ricordando di aver espresso sul tema «la perplessità dell’Italia». Secondo la presidente del Consiglio vanno infatti «esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana».
L’attuale amministrazione americana, avrebbe ricordato quindi Meloni, ha lanciato «una sferzata» sul ruolo dell’Europa, «ma dobbiamo dirci che analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo». «Dobbiamo farlo non perché lo chiedono gli americani – è quindi la tesi -, ma perché sono i nostri cittadini a farlo. Non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi». Inoltre, spiega, quello di Parigi «non è un formato anti-Trump, tutt’altro». «Gli Stati Uniti – avrebbe argomentato ancora – lavorano a giungere a una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte». Infine, riguardo alle parole del vicepresidente americano JD Vance, la premier avrebbe confessato di condividerne il senso. «Ho espresso concetti simili da molto tempo. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo».