(Roma, 18 gennaio 2025). Agguato a tre giudici davanti alla Corte suprema di Teheran, in Iran. Due di loro sono stati uccisi, il terzo è rimasto ferito. L’attentatore si è tolto la vita. Lo riferiscono i media locali. Le autorità hanno avviato un’indagine.
L’attacco
I tre giudici religiosi della Corte Suprema sono stati attaccati con armi da guerra davanti al Palazzo della Giustizia di Teheran, nel Park-e Shahr, nel centro della capitale. I due giudici assassinati erano Mohammad Moghiseh, 68 anni, e Ali Razini, 71 anni. Durante l’attacco, il giudice Miri è rimasto ferito insieme a una delle guardie del corpo.
L’attentatore
Secondo la televisione di Stato, l’attentatore era un dipendente del ministero della Giustizia e si è suicidato dopo l’attacco. L’agenzia stampa Mizin spiega che non è chiaro quale sia il movente ma l’aggressore non era coinvolto in nessun caso davanti alla Corte suprema.
I giudici colpiti
I due giudici uccisi sono noti per aver commesso diverse violazioni dei diritti umani e di numerose condanne a morte durante la loro carriera.
Mohammad Moghiseh era stato anche sanzionato da Unione europea e Stati Uniti. È stato a capo del Tribunale rivoluzionario e del Tribunale speciale per i religiosi ed è stato uno dei giudici più importanti che hanno sostenuto la repressione. I dissidenti sopravvissuti alle esecuzioni lo descrivono come una delle figure giudiziarie più dure nelle carceri degli anni Sessanta. Ha svolto un ruolo importante, nell’estate del 1998, in qualità di supervisore della prigione di Qezalhasar a Karaj e direttore della prigione di Gohardasht. Ha emesso condanne a lungo termine nei confronti di leader baha’i, attivisti politici e civili, manifestanti del Movimento Verde, giornalisti, lavoratori. Nel 2019 il giudice Moghisseh era stato sanzionato dagli Stati Uniti per aver « supervisionato innumerevoli processi iniqui, durante i quali le accuse sono rimaste infondate e le prove sono state ignorate ».
Razini, 71 anni, ha ricoperto diverse posizioni importanti nella magistratura iraniana ed era già stato preso di mira in un tentativo di omicidio nel 1998 con un’autobomba. Anche lui, come il collega, è stato a capo del Tribunale religioso e ha emesso condanne a morte e pesanti pene detentive negli anni Ottanta, comprese quelle relative all’esecuzione di massa di migliaia di prigionieri politici nel 1988. Nel 2001, prese parte addirittura alla lapidazione di quattro uomini, condannati per reati di natura sessuale.