(Roma, 12 gennaio 2025). Dopo il ritorno in Italia della giornalista Cecilia Sala, rimpatriata dopo tre settimane d’arresto in Iran nella giornata dell’8 gennaio, è pronto a chiudersi anche il caso dell’ingegnere Mohammad Abedini. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiesto alla Corte d’Appello di Milano la scarcerazione di 38enne cittadino svizzero-iraniano arrestato all’aeroporto di Milano-Malpensa nella giornata del 16 dicembre su richiesta statunitense, contro cui gli Usa avevano spiccato un mandato di cattura ritenendo illegale i suoi rapporti imprenditoriali col gruppo dei Guardiani della Rivoluzione iraniani (Irgc).
Stop all’estradizione di Abedini
Per Washington i Pasdaran sono un’organizzazione terroristica, per Roma no: Abedini era accusato di aver fornito al corpo che fu del generale Qasem Soleimani materiali per costruire e assemblare i droni utilizzati contro un avamposto Usa in Giordania in cui a gennaio erano morti tre militari americani. Gli Usa hanno accusato Teheran di esser dietro l’attacco e iniziato a indagare su figure come Abedini.
Il caso dell’arresto dell’ingegnere si era inevitabilmente intricato con quello della giornalista arrestata nella Repubblica Islamica, che per alcuni osservatori è stato ordinato dalle autorità iraniane come diretta conseguenza del fermo di Abedini. Più probabilmente, a sovrapporsi sono state due direttrici: da un lato, quello dei rapporti Italia-Iran; dall’altro, relazioni politiche e di potere interne agli apparati di Teheran, con una pressione dei Pasdaran sul presidente Masoud Pezeshkian, più propenso a trattative con l’Occidente.
Di cosa era accusato Abedini ? Nelle carte del Dipartimento della Giustizia americano si legge che l’ingegnere “è il fondatore e amministratore delegato di una società iraniana, San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co. (SDRA o SADRA), che produce moduli di navigazione utilizzati nel programma di droni militari dell’IRGC”. Il Dipartimento della Giustizia indica come attività principale di Sdra “la vendita di un sistema di navigazione proprietario, noto come Sepehr Navigation System, all’Irgc, che gli Stati Uniti hanno designato come organizzazione terroristica straniera (Fto) il 15 aprile 2019”. Tutto l’impianto accusatorio degli Usa si basava sul sospetto che i componenti dei droni utilizzati negli Shahed coinvolti negli attacchi in Giordania fossero riconducibili all’azienda di Abedini.
Inoltre, Abedini avrebbe cospirato assieme a Mahdi Mohammad Sadeghi, 42 anni, cittadino statunitense-iraniano, per far giungere in Iran materiale statunitense coperto da sanzioni contro l’export verso la Repubblica Islamica usando una società di comodo in Svizzera destinata a rifornire i Guardiani della Rivoluzione.
Abedini e il problema legale delle accuse
Per quanto tragica la fattispecie dell’attacco in Giordania, si tratta di accuse che in termini giuridici chiamano a una complessa catene di responsabilità: per la maggior parte dei Paesi del mondo, la fornitura di sistemi d’armamento ai Pasdaran/Irgc è una mossa che, per quanto possa esser discutibile, afferisce a un’attività commerciale tra società e apparati militari appaltanti. I Pasdaran sono un’organizzazione terroristica per gli Usa, Israele, il Canada, l’Arabia Saudita il Bahrain e un solo Stato europeo, la Svezia, non certamente per l’Italia.
Per il diritto italiano, estradare Abedini per sospetta alimentazione del terrorismo per rapporti commerciali privilegiati con un corpo militare che Roma non definisce come fuorilegge avrebbe causato problemi non indifferenti. Non a caso, Nordio scrive in una nota esplicativa che “in forza dell’articolo 2 del trattato di estradizione tra il governo degli Stati Uniti d’America e il governo della Repubblica italiana possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente”.
Esplicitamente, il Guardasigilli esponente di Fratelli d’Italia scrive che “la prima condotta ascritta al cittadino iraniano di associazione a delinquere per violare l’Ieepa (International emergency economic powers act – legge federale statunitense) non trova corrispondenza nelle fattispecie previste e punite dall’ordinamento penale italiano”. L’avvocato Luca Picotti, che aveva ascoltato sulla questione, fa notare su X che “la revoca degli arresti di Abedini richiesta da Nordio, decisione politica, viene comunque accompagnata da un riferimento giuridico, che suggerisce l’insussistenza dei presupposti per l’estradizione”, ossia la cosiddetta “doppia incriminazione”, che “non era scontata”.
Su Abedini prevale il garantismo
La mossa su Abedini, a prescindere dal suo legame esplicito con il caso Sala (da cui è impossibile ovviamente scinderlo totalmente), rappresenta una forte presa di posizione da parte del governo italiano e una forma di inversione della tendenza a proiettare in forma mondiale il diritto americano. La territorialità del diritto è uno dei presupposti che consente di capire la certezza della sua efficacia.
Il principio garantista enunciato dalle due priorità di Luigi Ferrajoli per la giustizia (nessuna pena senza reato, nessun crimine senza legge) deve valere in ogni caso in uno Stato di diritto moderno. Vale per i propri cittadini, ma anche per chi è sospettato di qualcosa di ambiguo come Abedini. Nordio, magistrato già in prima linea su più fronti e che si è molto interrogato sul nodo delle garanzie contro gli accusati, ha applicato un duplice principio, politico e giuridico, al dossier Abedini. Questo cancella la problematicità morale dei suoi rapporti con i Pasdaran? Senz’altro no. Ma il diritto o è certo o non è. Una lezione che vale anche per gli Usa e la loro pretesa di estendere in forma geopolitica su scala globale, a prescindere dalle leggi nazionali, le disposizioni del loro Dipartimento della Giustizia.
Di Andrea Muratore. (Inside Over)