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Siria : gli USA non lasciano anzi raddoppiano, una nuova base a Kobani

(Roma, 04 gennaio 2025). Non solo gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di abbandonare la Siria ma hanno deciso di rafforzare e implementare a loro presenza nel Nord del Paese dopo la fine del regime di Bashar al-Assad. A sei anni dall’abbandono di Kobani, le forze statunitensi sembrano essere tornate nella città situata al confine con la Turchia. Secondo recenti rapporti e immagini emerse sui social media, gli Stati Uniti starebbero costruendo una nuova base militare nella regione: Kobani è da tempo un epicentro di scontri tra le Forze Democratiche Siriane (SDF), guidate dai curdi e sostenute dagli stessi Stati Uniti, e la Turchia.

La presenza USA irrita Ankara

Ankara è irritata dalla presenza degli Stati Uniti a Kobani. La Turchia, da anni contraria al supporto americano alle Forze Democratiche Siriane (SDF), sta infatti intensificando la sua offensiva contro i curdi e i loro alleati. Gli scontri più accesi si concentrano nella città di Manbij, dove i militari turchi affermano di essere vicini alla vittoria. La prossima tappa dell’offensiva turca sembra essere proprio Kobani, già sotto attacchi di artiglieria, dove l’SDF ha abbattuto un drone turco. Ankara punta a eliminare le YPG, la principale fazione curda delle SDF, e a impedire che i curdi mantengano l’autonomia conquistata durante questi drammatici anni di guerra. La nuova leadership islamista a Damasco, sostenuta dalla Turchia, condivide questa posizione.

La scorsa settimana, infatti, Ahmed Al-Sharaa, noto ai più come come Abu Mohammed Al Julani, capo del gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), ex diramazione siriana di al Qaeda, ha annunciato che tutte le armi presenti nel Paese, – comprese quelle detenute dalle forze guidate dai curdi – saranno poste sotto il controllo dello Stato. Al-Sharaa ha rilasciato queste dichiarazioni domenica 22 dicembre durante una conferenza stampa svoltasi a Damasco con il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan. La Turchia, dopo aver sostenuto l’opposizione armata e giocato un ruolo cruciale nella caduta del regime di Assad attraverso l’offensiva da Idlib, ora cerca di capitalizzare il suo intervento nella regione. Ma la presenza di Washington a Kobani potrebbe rappresentare un ostacolo a questo progetto.

Anche la Repubblica Islamica dell’Iran contesta la presenza Usa in Siria. Il leader supremo iraniano, Ayatollah Ali Khamenei, ha avvertito gli Stati Uniti che le loro basi militari in Siria sono destinate a essere “calpestate dai giovani siriani.” Durante una cerimonia in memoria di Qasem Soleimani, ucciso dagli Usa cinque anni fa, Khamenei ha ribadito la sua opposizione alla presenza militare americana nella regione.

Il contesto della missione statunitense

Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), le forze statunitensi hanno trasportato un convoglio di 50 camion verso le aree controllate dalle SDF nel Nord-Est della Siria. “Gli attivisti del SOHR hanno avvistato il convoglio sull’autostrada Al-Hasakah-Al-Raqqah, diretto verso l’area di Ain Al-Arab (Kobani) nella campagna orientale di Aleppo. Il convoglio era accompagnato da un veicolo militare delle SDF,” ha riferito l’osservatorio giovedì mattina. Secondo North Press, un convoglio ha trasportato forniture logistiche, tra cui blocchi di cemento, stanze prefabbricate, telecamere di sorveglianza e attrezzature per scavi. La base sarà situata nel centro della città, con un hotel designato come sito principale. Al momento, la notizia della nuova base non è stata confermata ufficialmente.

La presenza americana in Siria si attesta attualmente intorno ai 2.000 soldati, come ammesso recentemente dal Pentagono dopo che per anni le stime ufficiali parlavano di appena 900 soldati. L’obiettivo ufficiale è quello di combattere contro l’ISIS, una minaccia che ha dimostrato di non essere confinata al Medio Oriente. Va detto, però, che la presenza americana in Siria è controversa e criticata per la sua dubbia legittimità sul piano del diritto internazionale. Personalità come l’ex deputato repubblicano Matt Gaetz hanno sottolineato che le truppe statunitensi sono lì per proteggere risorse strategiche, come petrolio e grano, nel Nord-Est del Paese. Secondo Dana Stroul del Pentagono, questo controllo garantisce agli USA influenza politica sul futuro della Siria. E anche il presidente eletto Donald Trump ha dichiarato che l’interesse americano nella regione è legato principalmente al petrolio.

Nei giorni scorsi, il ministro siriano del petrolio, Ghiath Diab, ha evidenziato la sfida persistente rappresentata dai pozzi di petrolio che restano fuori dal controllo del Governo provvisorio, poiché le forze statunitensi continuano la loro occupazione dal 2014. Diab ha dichiarato che diversi pozzi petroliferi sono ancora “fuori dall’amministrazione dello Stato siriano”, definendo questa situazione “uno degli ostacoli più grandi e rilevanti” per la ripresa del Paese. Pur senza nominare in maniera esplicita gli Stati Uniti, è evidente che Diab si riferiva proprio alla presenza dei soldati americani nella regione.

Di Roberto Vivaldelli. (Inside Over)

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