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Il triangolo sì : al-Jolani al rimbalzo tra Turchia, Qatar e Arabia Saudita

(Roma, 04 gennaio 2025). La nuova diplomazia siriana nell’era post- Bashar al-Assad comincia dove era iniziata la fase finale di quella del precedente Governo: dall’Arabia Saudita. Nel 2023 l’invito di Assad a Gedda, al summit annuale della Lega Araba, aveva segnato l’inizio del disgelo tra il rais e i Paesi del Golfo che a lungo avevano cercato di abbatterlo. Oggi, a inizio 2025, con la visita a Riad di un’importante delegazione proveniente da Damasco si rilancia la nuova Siria targata Abu Mohammad al-Jolani. O, meglio, Ahmed al-Sharaa, il nome da civile che al-Jolani aveva prima di iniziare giovanissimo, vent’anni fa, la trafila in Al-Qaeda che l’avrebbe portato a fondare Al-Nusra prima e Hay’at Tahrir al-Sham poi.

Nella giornata del 2 gennaio, a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, sono arrivati il ministro della Difesa di Damasco Murhaf Abu Qasra e il capo dell’intelligence Anas Khattab per incontri di alto profilo con la diplomazia saudita. L’obiettivo? Sancire i nuovi rapporti con il Paese centrale nel sistema del mondo arabo e dell’Islam sunnita, discutere possibili cooperazioni in materia di sicurezza e stabilizzazione della regione e, con ogni probabilità, mandare un messaggio legato alla volontà politica dei principali danti causa del nuovo regime di Damasco, il Qatar e, soprattutto, la Turchia. In un Medio Oriente in ebollizione, dove nuove conflittualità rischiano continuamente di emergere, in cui rimane la mina vagante del conflitto tra Israele e Hamas, la nuova Siria targata al-Jolani è indubbiamente legata alla Fratellanza Musulmana e, soprattutto, al governo di Ankara, che si proietta come egemone nel Paese levantino.

Parlare ai sauditi significa, dunque, discutere delle nuove linee di faglia del mondo arabo-musulmano e mandare un messaggio distensivo: la nuova Siria non intende rinfocolare le tensioni geopolitiche che a lungo hanno diviso il campo saudita da quello turco-qatariota proprio all’ombra della comune volontà di defenestrare il regime di Assad prima e di cercare una forma di dialogo poi. Riad, assieme agli Emirati Arabi Uniti, aveva riaccolto con attenzione Assad nella Lega Araba per la prima volta dal 2011, anno dell’espulsione della Siria, puntando ai ricchi affari che la ricostruzione del Paese avrebbe garantito.

Il quadro ora non cambia e, anzi, per i patroni della nuova Siria, a partire da Recep Tayyip Erdogan, una distensione regionale potrà favorire il ruolo della Siria nei progetti di connettività trans-mediorientale che nell’ottica di Ankara dovranno favorire la centralità commerciale e geoeconomica di Ankara, espandendo i legami infrastrutturali dall’Anatolia alla Siria e all’Iraq, in una riproposizione moderna dei vecchi progetti dell’Impero Ottomano per una ferrovia da Istanbul a Bassora.

La visita è stata preceduta da un’intervista di al-Jolani alla televisione saudita Al Arabiya in cui ha ricordato che l’Arabia Saudita “avrà sicuramente un ruolo importante nel futuro della Siria” e ci saranno “grandi opportunità di investimento”. In seguito aveva incontrato, come ricorda il Financial Times, il ministro degli Esteri del Kuwait Abdullah al-Yahya e Jasem al-Budaiwi, segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo, che parlando alla nuova Siria possono anche parlare alla Turchia e alle sue volontà politiche.

Sul breve periodo, Ankara spera in un Medio Oriente più disteso per aprire la strada all’incasso dei dividendi del sostegno logistico e d’intelligence ai militanti siriani che hanno rovesciato Assad e, en passant, poter regolare, autonomamente, i conti con i rivali curdi delle Forze Siriane Democratiche (Sdf). Per al-Jolani, invece, l’obiettivo è ricevere l’imprimatur della Lega Araba alla transizione. Questa prima visita permette a tutti gli attori in campo di segnare un punto verso la normalizzazione dei rapporti multilaterali riguardanti la Siria. Ma, chiaramente, poco lascia di risolto sul nodo, tuttora aperto, della tutela delle minoranze, specie quelle cristiane, in una Siria a trazione islamista la cui stabilità è ancora tutta da costruire.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)

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