(Roma, 21 dicembre 2024). Bashar Al Assad è oramai fuori dai giochi. Sono stati gli stessi russi, suoi principali alleati negli anni della guerra civile, a parlare di “dimissioni” dell’ex presidente. Termine che sottintende un riconoscimento anche formale di un avvenuto passaggio di consegne. Non solo, ma nonostante la lettera fatta recapitare dallo stesso Assad ai media russi in cui smentisce una fuga organizzata, le voci che girano a Damasco parlano di un mancato coordinamento con i suoi fedelissimi e di un vero e proprio abbandono lampo della nave oramai affondata.
Questo però non vuol dire la fine definitiva del cosiddetto “assadismo” o, per meglio dire, del “baathismo” siriano, dal nome del partito Baath che ha retto le redini del Paese per mezzo secolo. Ci sono diversi personaggi di spicco dell’ex regime che sono riusciti ad andare via. E che appaiono tentati, spinti anche dai loro alleati, di non considerare definitivamente chiusa la partita.
La questione legata ad Ali Mamlouk
La fine della famiglia Assad appare conclamata. Bashar è a Mosca e, come detto, ha formalmente rassegnato delle dimissioni prima di uscire di scena. Con lui ci sono la moglie e i figli. Fratelli, zii e altri parenti invece sono stati segnalati a Dubai ed Abu Dhabi. Ma ci sono ex fedelissimi che invece non si sono allontanati molto. È ad esempio il caso di Ali Mamlouk, fino all’8 dicembre scorso uno dei massimi consiglieri della sicurezza, nonché figura molto legata all’Iran.
Mamlouk, mentre Damasco veniva presa dai rivali, è riuscito a scappare camuffandosi tra alcuni profughi. Così come sottolineato da diversi media arabi, Mamlouk è stato letteralmente scortato da ciò che rimaneva delle squadre di Hezbollah ancora presenti in Siria. Soltanto così l’ex delegato alla sicurezza è riuscito quella sera a trovare riparo a Beirut. La capitale libanese non è stato però la meta finale del suo viaggio. Il quotidiano Al Hadath, citando fonti siriane, ha parlato di un’ulteriore tappa di Mamlouk percorsa verso Baghdad in aereo.
Con lui, nella capitale irachena, sarebbe arrivato anche Maher Al Assad, fratello di Bashar. Quest’ultima informazione però è da prendere con le pinze, visto che i parenti più stretti del deposto presidente siriano si troverebbero negli Emirati. Ad ogni modo, Mamlouk in Iraq si sarebbe spinto accompagnato da alcuni consiglieri delle milizie sciite irachene verso est: qui avrebbe incontrato, sempre secondo Al Hadath, vertici delle Guardie della Rivoluzione iraniana inviati direttamente da Teheran. I movimenti qui descritti sembrano quindi confermare l’esistenza ancora in essere di contatti tra membri del Baath e funzionari iraniani. Un filo mai interrotto che potrebbe sottintendere alla volontà dell’Iran di riprendere in futuro in mano la questione.
Quei soldati fuggiti in Iraq
La scommessa su cui potrebbe puntare la Repubblica Islamica riguarda l’impossibilità per Al Joulani, leader di Hayat Tahrir Al Sham (Hts), di controllare il Paese nel lungo periodo e non garantire stabilità alla Siria. In tal modo, l’Iran potrebbe alimentare una guerriglia diffusa, sul modello di quanto visto in Iraq nel 2003 dopo la deposizione di Saddam Hussein ad opera degli Usa.
Con gli Hezbollah fuori gioco per via delle note vicende legate alla guerra contro Israele, Teheran potrebbe armare la mano delle migliaia di soldati siriani rifugiatisi in Iraq nelle ore contrassegnate dalla caduta di Damasco. Con alcuni personaggi di spicco del passato regime siriano ancora presenti nella regione, come Mamlouk, e con ex militari presenti nel territorio iracheno, l’Iran spera di poter rianimare lo scontro contro le milizie islamiste guidate da Hts.
I soldati siriani scappati in Iraq sarebbero almeno quattromila. Per 2.500 di loro in queste ore sono stati preparati dei bus per il rientro, confortati dalle promesse di clemenza da parte di Al Joulani. Gli altri però potrebbero prendere la via della guerriglia. Un po’ come accaduto per molti di quei militari iracheni che, all’indomani dell’intervento Usa, sono stati epurati dalle proprie posizioni in nome della strategia di “de baathificazione” del Paese inseguita da Washington.
Di Mauro Indelicato. (Inside Over)