(Roma, 11 dicembre 2024). Notizie recenti forniscono numeri piuttosto precisi sul coinvolgimento di unità speciali di Kyiv per sostenere Hts. Ma la cosa non è una novità. Ed è facile capire gli interessi ucraini
Che, nella sua rapidissima avanzata capace di abbattere in pochi giorni il regime al potere in Siria da più di cinquant’anni, Hay’at Tahrir al-Sham (Hts) abbia ricevuto sostegno da attori esterni è un dato di fatto. A partire dalla Turchia di Recep Tayyip Erdoğan: anche se i funzionari di Ankara hanno formalmente negato ogni coinvolgimento del Paese nell’ultimo slancio offensivo della milizia salafita, l’influenza della Turchia su questo gruppo di militanti musulmani sunniti anti-Assad e anti-curdi è ben nota, e i suoi recenti successi sarebbero stati impensabili senza l’appoggio militare e logistico proveniente dall’Anatolia. Ma Hts ha potuto contare anche sull’aiuto provenienti da altri Paesi. Tra cui l’Ucraina.
Secondo quanto riportato dal Washington Post l’intelligence di Kyiv avrebbe inviato circa venti operatori esperti di droni assieme a circa centocinquanta droni first-person view, arrivati al quartier generale dei ribelli di Idlib tra le quattro e le cinque settimane fa. Anche se l’impatto effettivo di questi asset sull’andamento delle operazioni è stato relativo, esso si inquadra all’interno di un più ampio sforzo ucraino per colpire gli interessi russi anche al di fuori del teatro di guerra europeo, estendendosi fino al Medio Oriente e al continente africano.
Il coinvolgimento dell’Ucraina non è certo un mistero. Già nel giugno di quest’anno il Kyiv Post riportava le dichiarazioni di un membro del servizio di intelligence militare ucraino secondo cui “dall’inizio dell’anno, i ribelli [siriani], sostenuti da operatori ucraini, hanno inflitto numerosi attacchi alle strutture militari russe rappresentate nella regione”, menzionando in particolare un’unità speciale dell’intelligence militare ucraina nota come “Khimik”.
Commenti in questa direzione sono arrivati anche da funzionari russi. A novembre il rappresentante speciale russo per la Siria Alexander Lavrentyev ha dichiarato in un’intervista alla Tass che Mosca avesse informazioni relative a “specialisti ucraini della Direzione principale dell’intelligence dell’Ucraina che si trovano sul territorio di Idlib”. Due mesi prima, anche il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov aveva fatto un’affermazione simile a settembre, parlando di “emissari dell’intelligence ucraina” a Idlib.
Ma nelle ultime settimane il tono degli esponenti russi che si esprimono sulla questione sembra essere cambiato, assumendo delle sfumature riduttive. Su Middle East Eye è stato riportato il commento di un account di Telegram russo, considerato vicino alle forze armate di Mosca, che sminuiva il ruolo giocato dall’Ucraina nel supportare il gruppo ribelle siriano. “In primo luogo, i membri dell’intelligence militare hanno visitato Idlib, ma sono rimasti lì per poco tempo (non abbastanza per addestrare i siriani a far funzionare i veicoli aerei senza pilota da zero). In secondo luogo, Hts ha da tempo un proprio programma di Unmanned Aerial Vehicles”.
Dal canto suo, Kyiv sta sfruttando i recenti sviluppi in Medio Oriente per lanciare un’offensiva comunicativa ai danni del Cremlino. “Gli eventi in Siria dimostrano la debolezza del regime di Putin, che è incapace di combattere su due fronti e abbandona i suoi alleati più stretti per continuare l’aggressione contro l’Ucraina”, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri ucraino, volto a raffigurare Mosca come un attore così debole da non riuscire a difendere i suoi alleati. Una debolezza che l’Occidente, e in particolare Wahsington, deve tenere presente nel contesto dello scenario negoziale che si sta facendo più concreto da qualche settimana a questa parte.
Di Lorenzo Piccioli. (Formiche)