L'actualité du Proche et Moyen-Orient et Afrique du Nord

La Siria crolla, Israele avanza nel Golan e Netanyahu canta vittoria

(Roma, 09 dicembre 2024). Il crollo del governo siriano è “tutto merito della campagna militare di Israele contro l’Iran e il suo alleato in Libano, Hezbollah”. È con queste parole che il primo ministro, Benjamin Netanyahu, si ascrive la vittoria in Siria, che segna un nuovo capitolo anche per Tel Aviv. Già, perché in men che non si dica, le forze israeliane hanno occupato i territori siriani nella zona cuscinetto che separa le Alture del Golan dal resto del Paese. Tant’è che, come riporta Al Jazeera, l’IDF ha ordinato alla popolazione che vive nei cinque villaggi limitrofi alla zona occupata di “rimanere a casa” – si tratta di Ofaniya, Quneitra, al-Hamidiyah, Samdaniya al-Gharbiyya e al-Qahtaniyah. Ebbene, dopo cinquant’anni dall’accordo di disimpegno con Damasco, che pose fine alla guerra arabo-israeliana del 1973, Netanyahu ha ritirato ufficialmente l’intesa, ordinando l’occupazione militare dell’area, che si trova in territorio siriano. Il primo ministro ha dichiarato che si tratta di “un’occupazione temporanea”, che ha lo scopo di difendere “Israele, i suoi confini e la sua esistenza”. Giustificazione recitata come un mantra, specie nell’ultimo anno.

Seppur con doverosa cautela, risulta impossibile non fare un collegamento con quanto i messianici, nonché ministri della Knesset in carica, sognano da tempo, e cioè la realizzazione della Grande Israele – che per diritto divino, comprenderebbe, oltre che Gaza e la Cisgiordania, anche il Sud del Libano e parte della Siria, per l’appunto.

“Israele ha già le mani piene”

Netanyahu, nel video registrato sul Monte Bental, nel Golan, al confine con la Siria, ha dichiarato anche che “si tratta di una svolta storica per il Medio Oriente, che offre grandi opportunità”. Sulla specificità di tali vantaggi, Bibi non è entrato nei dettagli, ma vale la pena riportare quanto scrive la BBC, ovvero “Israele, dopo appena 14 mesi di guerra in Medio Oriente, ha già le mani piene”. Sempre a tal proposito, Zein Basravi, di Al Jazeera, scrive: “Ciò che sta accadendo è sicuramente a beneficio del Governo israeliano. Stanno ottenendo ciò che hanno sempre detto di volere: vicini più deboli, in modo da poter espandere le loro mire regionali”.

Il discorso di Netanyahu arriva dopo l’assalto alla capitale siriana da parte degli estremisti di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), che ha seguito la caduta, in meno di due settimane, delle città di Aleppo, Hama e Homs nelle mani dei terroristi. Va sottolineato il fatto che esistono prove documentate della collaborazione di Israele con l’opposizione estremista in Siria, inclusa la fornitura di supporto diretto al Fronte Nusra, affiliato siriano di Al-Qaeda, che nel 2017 si è trasformato in HTS, grazie ad un’operazione di rebranding.

Le stragi a Gaza continuano

Ciò che è accaduto in Siria, segna un ulteriore punto a favore per Netanyahu e il suo Governo. Mentre tutti i riflettori sono puntati su Damasco, e su ciò che ne sarà, Israele continua a fare stragi a Gaza. Nel silenzio più totale di buona parte dei media, nelle sole ultime 24 ore sono state uccise altre 44 persone. Le autorità sanitarie locali parlano di un numero indefinito di feriti, e di corpi senza vita, sotto le macerie e per le strade dell’enclave palestinese. L’esercito non consente loro nemmeno di recuperare i cadaveri, come ben dimostrano i cruenti video pubblicati sui social media, in cui si vedono chiaramente alcuni soldati israeliani sparare contro le ambulanze e contro delle persone che tentano di recuperare un ferito a terra, nei pressi del campo profughi di Muwasi.

Nel frattempo, sembrerebbe che stiano avanzando le trattative tra Israele e Hamas per il rilascio di alcuni ostaggi, in cambio di una tregua di fondamentale importanza per la popolazione palestinese, ridotta allo stremo delle forze. Il quotidiano Al-Araby al-Jadeed, di proprietà del Qatar e con sede a Londra, afferma che ci sia già una lista con i nominativi di alcuni ostaggi da liberare – tra questi, ci sarebbero anche quattro israeliani con cittadinanza statunitense.

Di Claudia Carpinella. (Inside Over)

Recevez notre newsletter et les alertes de Mena News


À lire sur le même thème