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La guerra in Ucraina, i film porno e la scoperta della libertà da parte dei nord coreani

(Roma, 09 novembre 2024). Per la prima volta i nordcoreani hanno avuto accesso a internet e cosa hanno fatto? Hanno scoperto i siti porno e ci si sono attaccati

Già vivere sotto un regime come la Corea del Nord è dura, non come in Corea del Sud, resa un paese libero grazie agli Stati Uniti d’America (e tutt’ora sotto la loro protezione). Ma immaginatevi questi poveracci nordcoreani che vengono spediti in Russia dopo l’accordo tra Kim Jong-un e Putin, spaesati da una dittatura all’altra, a combattere una guerra senza sapere neppure perché.

Eppure Gideon Rachman, giornalista del Financial Times, ha rivelato una cosa interessante: per la prima volta i nordcoreani hanno avuto accesso a internet e cosa hanno fatto? Hanno scoperto i siti porno e ci si sono attaccati. Hanno scoperto una peculiarità dei paesi liberi, occidentali, capitalisti, che tuttavia è concessa anche in Russia, dove bannano i social ma la pornografia no, sennò la gente impazzirebbe, qualche libertà bisogna pur lasciarla.

Una piccola osservazione, considerando che meno male non siamo nati né in Russia né in Corea del Nord, quest’ultima però è peggio ancora della Russia: probabilmente sarebbero stati più efficaci soldati russi in Corea che vedendo i campi di lavoro si sarebbero impegnati per tornare a casa piuttosto che i coreani in Russia che rischieranno di tutto per prolungare la guerra e vedere più a lungo i porno. Michel Houellebecq disse che per combattere i talebani avremmo dovuto bombardarli di minigonne, i pacifisti hanno sempre detto di mettere dei fiori nei cannoni (mai funzionato, se dall’altra parte ti sparano missili), le femministe si mobilitano per i palestinesi ma ignorano la condizione delle donne in molti paesi musulmani.

Io penso che la distrazione dei soldati nordcoreani potrebbe essere presa come mezzo di offesa da tentare, per esempio anche nell’attuale conflitto da Israele e Iran: anziché missili, il Mossad potrebbe immettere porno negli smartphone degli iraniani.

Di Massimiliano Parente. (Il Giornale)

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