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Libano : lo Stato che ormai esiste solo sulle carte

(Roma, 04 ottobre 2024). I raid e le operazioni di queste settimane in Libano non sono figlie soltanto delle tensioni scatenatesi in Medio Oriente a partire dal 7 ottobre 2023. Se si è arrivati a una vera guerra, è anche perché da tempo è in corso un processo di indebolimento dello Stato libanese. Processo che sta facendo assomigliare sempre di più il governo di Beirut a un’istituzione poco più che nominale, senza un reale potere sul territorio e senza un proprio apparato su cui contare.

La somiglianza con l’Anp

In questa fase così critica per il Paese dei Cedri, contrassegnata dalle incursioni israeliane a Sud, non sfugge il fatto che il Governo libanese venga percepito come fragile o addirittura inesistente. Israele ha preso possesso dello spazio aereo libanese senza alcuna resistenza, a Beirut in questi giorni non sono stati avvistati colpi della contraerea o mosse da parte dell’esercito locale volte a difendere il territorio. E non per mancanza di volontà, ma proprio perché un vero apparato di sicurezza rispondente alle istituzioni locali non esiste più.

Ed è per questo che è possibile lanciarsi in azzardati, ma non così lontani, paragoni con l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). Quest’ultima è stata creata a seguito degli accordi di Oslo del 1993, in linea teorica dovrebbe rappresentare una guida politica per i palestinesi. Nei fatti però, appare molto evanescente. Esiste un presidente, Abu Mazen, esiste un Governo ed esiste anche una piccola forza di polizia. Ma su Gaza, sulle incursioni nei territori della Cisgiordania e sull’intero trambusto che sta sconquassando la regione l’Anp non ha voce in capitolo.

Esattamente come il Governo libanese. Con l’aggravante che Beirut, a differenza del Governo di Ramallah, ha dalla sua un territorio in cui esercitare una sovranità e ha un esteso e storico riconoscimento internazionale. Ma, al momento, le parole di un rappresentante del governo libanese hanno molto meno peso di quelle di un singolo funzionario israeliano o iraniano.

Da dove parte il lento processo di indebolimento

Il problema è che se anche un ministro dell’esecutivo di Beirut dovesse intervenire in modo incisivo sulle vicende che riguardano il suo stesso Paese, non avrebbe una vera legittimazione nemmeno sul piano interno. E questo perché un vero Governo il Libano non ce l’ha dal maggio del 2022, data delle ultime elezioni legislative. A oltre due anni dal voto, il parlamento non è ancora riuscito a indicare un nuovo governo, con il premier Miqati in carica da quasi 30 mesi solo per l’ordinaria amministrazione.

Ma non ci sarebbe nemmeno qualcuno in grado di nominare un nuovo primo ministro, visto che dall’ottobre del 2022 il Libano è senza capo dello Stato. Lo stesso Parlamento che non è riuscito a dare vita a un governo, da due anni non riesce ad eleggere un nuovo presidente. Dunque, il Paese dei Cedri vive da due anni nello stallo più assoluto e questo in una fase in cui, oltre alle tensioni tra Hezbollah e Israele, sta affrontando una crisi economica senza precedenti in grado di far cadere l’80% della popolazione dentro la soglia di povertà.

Quanto sta accadendo a Beirut altro non è che il fallimento di un sistema, quello degli accordi di Taif, che prevede una spartizione del potere su base confessionale e che ha trasformato il Libano in un Paese lontano dall’essere una nazione. Beirut oggi è il semplice agglomerato di più comunità, ognuna delle quali sta pensando a salvarsi la pelle e dove non sembra affatto prevalere alcun sentimento di natura unitaria.

Di Mauro Indelicato. (Inside Over)

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