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Dopo Nasrallah tocca a Safi al Din : il cugino del leader ucciso guiderà Hezbollah

(Roma, 28 settembre 2024). Hashem Safi al Din, 60 anni, dal 2001 a capo del Consiglio Esecutivo di Hezbollah, figura più alta di rango tra quelle sfuggite finora ai raid israeliani contro il Partito di Dio, è pronto a succedere al cugino Hassan Nasrallah dopo la sua uccisione nell’attacco di ieri a Beirut. A comunicarlo è il New York Times che ha annunciato la svolta nella formazione sciita libanese. Safi al Din sarà presto designato segretario generale del Partito di Dio, che è stato duramente colpito dall’escalation di attacchi di Tel Aviv negli ultimi dieci giorni.

Prima gli attacchi contro i cercapersone dei militanti, poi il bis contro i walkie-talkie, infine i raid su Beirut e le postazioni di Hezbollah nella Valle della Beqaa nel sud del Libano hanno duramente messo a repentaglio le posizioni del Partito di Dio e l’armamentario creato dal 2006, anno dell’ultima invasione israeliana, a oggi. Safi al Din della macchina di Hezbollah è stato sempre parte integrante e ha sempre costruito un rapporto fondamentale con i gangli centrali dell’organizzazione, ivi compresi i tre maggiori esponenti del gruppo sciita uccisi da Israele nel 2024: Fuad Shukr, numero due di Hezbollah per le questioni militari, ucciso a luglio, Ibrahim Aqil, comandante della Forza Redwan titolata delle operazioni speciali, assassinato il 20 settembre in un raid aereo, e, ovviamente Nasrallah. Quando le bombe bunker-buster da 2,3 tonnellate hanno distrutto il compound dove si trovava Nasrallah concludendo un inseguimento al capo di Hezbollah durato mesi il Partito di Dio aveva già pronto il rimpiazzo per la sua catena di comando.

Educato nelle roccaforti dell’Islam sciita, Najaf in Iraq e Qum in Iran, membro dell’Assemblea Consultiva dal 1994, “benedetto” da Teheran nel 2006 delfino di Nasrallah, grande conoscitore delle dinamiche militari della lotta a Israele, Safi al Din è stato per oltre due decenni il numero due del gruppo. Ed è chiamato a prendere le redini di una formazione che ha perso la guida che la comandava dal lontano 1992 e l’ha portata attraverso la fine dell’occupazione siriana, le tensioni interne al Libano di inizio secolo, la guerra con Israele nel 2006, la lotta contro i gruppi sunniti in Siria nella guerra civile, la crisi dell’ordine regionale. Delle decisioni di Nasrallah Safi al Din è stato consigliere importante e da tempo ha attirato su di sé l’attenzione delle cancellerie internazionali, tanto che nel 2017 il Dipartimento di Stato americano l’ha etichettato come terrorista e ricercato internazionale.

La sua ascesa alla guida di Hezbollah giunge in una fase critica del confronto con Israele, in cui le milizie sciite sono in aperta sofferenza e in difficoltà circa le prospettive di reazione. Da valutare anche l’impegno effettivo dell’Iran di aiutare materialmente gli alleati libanesi. In quest’ottica, i legami personali del nuovo capo aiuteranno: Safi al Din è vicino agli ayatollah e nel giugno 2020, suo figlio, Sayyed Reza Hashim Safi Al Din, ha sposato Zeinab Soleimani , figlia dello storico comandante della Forza Qods, unità d’élite dei Pasdaran iraniani, Qassem Soleimani, ucciso dagli americani pochi mesi prima in Iraq. Un “matrimonio dinastico” nel mondo dell’Asse della Resistenza sciita che oggi vive il suo momento più critico, schiacciato tra l’offensiva israeliana e i dubbi sulle scelte future. Che saranno il primo banco di prova di un nuovo segretario generale che sa di raggiungere i vertici di Hezbollah da nuovo ricercato numero uno dello Stato Ebraico. Un fattore di pressione politica, militare e psicologica non indifferente per il veterano che avrà l’arduo compito di sostituire Nasrallah.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)

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