(Roma, 25 luglio 2024). Secondo alcune fonti del « Wall Street Journal », l’ex esponente del movimento palestinese Fatah, rappresenterebbe una « soluzione temporanea » per gestire la fase postbellica nella Striscia
Funzionari di Stati Uniti, Israele ed Emirati Arabi Uniti starebbero sponsorizzando la figura di Muhammad Dahlan, ex esponente del movimento palestinese Fatah, per gestire la fase postbellica nella Striscia di Gaza. È quanto rivela il quotidiano statunitense “Wall Street Journal”, citando fonti a conoscenza della questione, secondo cui Dahlan rappresenterebbe una “soluzione temporanea” alla gestione di Gaza. Analisti politici israeliani citati dal quotidiano affermano che si tratta di una figura con cui Israele potrebbe collaborare, mentre “funzionari arabi e di Hamas” sostengono che Dahlan avrebbe avuto colloqui sia con con membri del partito islamista palestinese Hamas, al potere a Gaza dal 2007, sia con esponenti di Fatah, il partito del presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, sulla potenziale supervisione della distribuzione degli aiuti nell’enclave. Da oltre un decennio, Dahlan, originario di Gaza, è stato estromesso dalla politica attiva palestinese per volontà di Abbas e vive tra gli Emirati e l’Egitto. Dall’inizio della guerra a Gaza, in seguito all’attacco di Hamas in Israele avvenuto il 7 ottobre scorso, Dahlan ha fatto la spola proprio tra Emirati ed Egitto, ricorda il quotidiano, sottolineando che Abu Dhabi potrebbe aiutare a finanziare la ricostruzione di Gaza e fornire i militari per una forza di stabilizzazione internazionale, mentre l’Egitto, Paese confinante sia con Israele che con Gaza, è geograficamente candidato a essere parte integrante del futuro della Striscia.
Secondo un’opzione attualmente in fase di valutazione, nel futuro di Gaza Dahlan supervisionerebbe una forza di sicurezza palestinese di 2.500 uomini che lavoreranno in coordinamento con una forza internazionale, man a mano che i militari israeliani si ritirano, secondo le fonti arabe di “Wall Street Journal”. Le forze palestinesi sarebbero supervisionate da Stati Uniti, Israele ed Egitto e non avrebbero relazioni dirette con l’Autorità nazionale palestinese di Abbas, inviso al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Ripetutamente, infatti, il capo dell’esecutivo israeliano ha affermato che non ritiene l’Anp all’altezza di gestire la fase successiva al ritiro da Gaza. Secondo le fonti, potrebbe esserci un coinvolgimento arabo più ampio e anche le società di sicurezza private occidentali potrebbero svolgere un ruolo, hanno detto i funzionari.
È interessante notare che Dahlan potrebbe essere un personaggio accettato anche da Hamas. Secondo quanto riporta il quotidiano, durante i colloqui con i mediatori nelle ultime settimane, Hamas avrebbe attenuato la sua opposizione a Dahlan, indicando che potrebbe accettarlo come parte di una soluzione provvisoria per aiutare a porre fine alla guerra. Dahlan ha guidato le forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese in un sanguinoso conflitto sostenuto dagli Stati Uniti contro Hamas, dopo che il movimento aveva vinto le elezioni nel 2006 per governare la Striscia di Gaza. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, ha affermato che il gruppo sta dando priorità a una visione complessiva per la Gaza del dopoguerra che sia “basata sull’interesse nazionale e sul consenso nazionale” rispetto all’opposizione o al sostegno a specifici individui. “È inaccettabile che un partito venga imposto dall’alto”, ha detto Naim a “Wall Street Journal”.
Dahlan è un personaggio noto agli israeliani, che lo hanno arrestato più volte. In carcere ha imparato l’ebraico e prima di andare in “esilio” volontario negli Emirati è stato uno stretto consigliere del defunto leader palestinese Yasser Arafat. Dahlan, che oggi è un uomo d’affari, non sarebbe l’unico a doversi occupare di Gaza. Si starebbero prendendo in considerazione, infatti, anche altre figure per dirigere le forze di sicurezza di Gaza, tra cui Majid Faraj, direttore del servizio di intelligence dell’Anp, al potere attualmente in Cisgiordania. Citato dal quotidiano Usa, Ehud Yaari, analista israeliano del Washington Institute for Near East Policy, ha affermato che Dahlan ha avuto dei colloqui preliminari con funzionari della sicurezza israeliani su un possibile ruolo a Gaza, ma l’accettazione da parte di Israele non è garantita. “Dahlan può svolgere un ruolo, ma non può essere la soluzione. Può condividere il carico”, ha detto Yaari.
Il tema del futuro di Gaza e del potenziale ruolo di Dahlan potrebbe essere stato al centro del colloquio avvenuto tra esponenti di Israele, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti il 18 luglio ad Abu Dhabi. Funzionari israeliani hanno riferito al portale “Axios” che i colloqui sono stati ospitati dal ministro degli Esteri degli Emirati, Abdullah bin Zayed, e hanno visto la partecipazione del ministro per gli Affari strategici israeliano, Ron Dermer, e dell’inviato per il Medio Oriente del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Brett McGurk. All’incontro hanno preso parte, secondo le fonti, anche due alti funzionari israeliani coinvolti nella formulazione dei piani per la Striscia di Gaza al termine della guerra, in corso dal 7 ottobre dopo l’attacco di Hamas in Israele.
Il giorno prima dell’incontro del 18 luglio tra funzionari di Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti e Israele, un alto funzionario emiratino ha segnalato che Abu Dhabi è pronta a inviare truppe per una forza di mantenimento della pace nel dopoguerra a Gaza, diventando così il primo Paese arabo ad aderire pubblicamente allo sforzo portato avanti silenziosamente dall’amministrazione Biden, sottolinea “Axios”. Lana Nusseibeh, inviata speciale di Bin Zayed, ha scritto un editoriale sul quotidiano “Financial Times” in cui ha chiesto l’istituzione di una “missione internazionale temporanea” a Gaza “che risponda alla crisi umanitaria, stabilisca legge e ordine, ponga le basi per la governance e apra la strada alla riunificazione di Gaza e della Cisgiordania occupata sotto un’unica e legittima Autorità palestinese”. Gli Stati Uniti hanno ripetutamente avvertito che il continuo rifiuto israeliano di promuovere un piano fattibile per la gestione postbellica di Gaza porterà a una guerra senza fine nell’enclave.