7 ottobre : le truppe di Israele ferme per 12 ore mentre Hamas faceva strage nel Kibbutz Be’eri

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(Roma, 17 luglio 2024). I soldati dell’esercito israeliano erano fermi ai cancelli del Kibbutz Be’eri quando, al suo interno, i residenti venivano massacrati dai terroristi di Hamas, lo scorso 7 ottobre. L’esitazione nell’entrare in quello che era diventato un mattatoio, non è durata una manciata di minuti, e neppure un’ora. Ci sono volute 12 ore prima che le forze dell’IDF varcassero i cancelli. Nel frattempo, com’è noto, sono morti 101 civili e altri 32 sono stati rapiti e portati all’interno della Striscia.

E dunque, con un’indagine interna che gli abitanti del kibbutz definiscono “sommaria”, e che era attesa da 280 giorni, l’esercito dichiara di aver fallito nella sua missione di difendere Be’eri. Un’affermazione che lascia il tempo che trova, perché i sopravvissuti a quel massacro, in un comunicato ufficiale hanno riferito che “il Kibbutz Be’eri non aveva bisogno dei risultati dell’indagine per percepire il fallimento dell’IDF in ogni minuto dall’alba di quel sabato nero”.

Ebbene, anche questa volta, e per di più in una circostanza così eclatante, stando all’indagine militare presentata la settimana scorsa, nessuno è responsabile. È quanto afferma Gadi Yarkoni, capo del Consiglio regionale di Eshkol: “Questa inchiesta parziale continua di fatto la linea che governa Israele, ovvero che nessuno sia da incolpare. Si tratta del più grande disastro nella storia del Paese e non c’è nessun responsabile”.

“Le forze dell’IDF hanno evitato di entrare”

Il rapporto evidenzia più che una falla nell’organizzazione delle truppe israeliane. L’indagine, infatti, ha rilevato che “centinaia di soldati di varie unità erano vicino all’ingresso del kibbutz, ma hanno evitato di entrare”. Il perché non è chiaro, o meglio si confonde tra le differenti versioni di due unità militari diverse: secondo prima l’esitazione nell’entrare nel kibbutz era dovuta all’attesa di ricevere ulteriori rinforzi; per la seconda il motivo è che un mancato comando dall’alto ha di fatto trattenuto i soldati fuori dai cancelli.

Contestualizzando la ricostruzione in un arco temporale di dodici ore, le due spiegazioni sono troppo deboli per stare in piedi e non dannouna risposta concreta a un’unica e semplice domanda: perché le forze israeliane non sono entrate nel Kibbutz Be’eri per tutto quel tempo?

L’interrogativo resta irrisolto e la questione si infittisce di altri drammatici dettagli. Il rapporto investigativo – presentato dal maggiore generale Miki Edelstein e dal generale Daniel Hagari – sottolinea “una discrepanza significativa tra ciò che è realmente accaduto, la concezione operativa e il presupposto basilare dell’IDF, secondo cui un in caso di un attacco isolato a una comunità si sarebbe data una risposta entro un massimo di quattro ore”. Così non è stato.

Stando ai dettagli riportati nell’indagine, sorge un’altra domanda, anche questa lasciata in sospeso, senza alcuna spiegazione. Parrebbe che la Divisione Gaza, ovvero l’unità militare la cui area operativa è proprio quella al confine con la Striscia (ambito nel quale rientra il kibbutz) non sia stata avvisata di quanto stesse accadendo a Be’eri, fino alle 4 del pomeriggio del 7 ottobre, quasi dieci ore dopo l’inizio dell’attacco terroristico. Com’è stato possibile? Non è dato saperlo.

La cronologia

Dall’indagine emerge che gli abitanti del kibbutz, con l’ausilio della sola squadra di sicurezza che presidiava il villaggio, hanno combattuto da soli per almeno 8 ore. Dalle 6.30 del mattino, quando tutto ha avuto inizio l’attacco, all’una del pomeriggio, solo una divisione di militari è entrata nel Kibbutz Be’eri, “ha combattuto vicino all’ingresso, subendo perdite” e, anziché avanzare, riporta Haaretz, “le truppe hanno evacuato i soldati feriti, portato via i corpi dei caduti, mentre i civili venivano assassinati nelle loro case e trascinati nella Striscia di Gaza”.

Attorno all’una e trenta minuti, fuori ai cancelli si erano riunite forze militari più consistenti, ma anche allora, secondo il rapporto, tali forze “si sono concentrate all’ingresso del kibbutz, ma non sono entrate immediatamente nel combattimento”. Altro che “immediatamente”, ci sono volute altre quattro ore prima che 700 soldati dell’IDF intervenissero.

Troppo tardi per gli ostaggi che a quel punto erano già stati portati all’interno della Striscia. E troppo tardi anche per salvare la vita alle 101 persone massacrate dai miliziani di Hamas, che hanno avuto tutto il tempo a disposizione per agire indisturbato.

Di Claudia Carpinella. (Inside Over)