(Roma, 13 luglio 2024). Circa 300 i feriti in un attacco israeliano nell’area dell’Università di Al-Aqsa, nel Sud di Gaza. Appello di 51 premi Nobel: « Tregua e pace nella Striscia e in Ucraina »
Era Mohammed Deif, il capo militare di Hamas, tra le menti del massacro del 7 ottobre, l’obiettivo del massiccio attacco lanciato da Israele nella zona di al-Mawasi, a ovest di Khan Younis, nel sud di Gaza. L’esercito israeliano ritiene che insieme a lui ci fosse il comandante della Brigata di Khan Younis, Rafaa Salameh, e che Deif sia tra le vittime. Il bilancio di sangue è alto: secondo il ministero della Salute nella Striscia, oltre 70 persone sono rimaste uccise e 289 ferite. Fonti mediche hanno riferito che l’ospedale di Nasser non è più in grado di funzionare perché sopraffatto da morti e feriti.
Il raid è stato lanciato in una zona di civili, ha confermato lo stesso Idf, precisando però di non aver colpito tende di profughi. L’area di al-Mawasi è tra quelle designate come ‘umanitarie’. I militari hanno diffuso immagini aeree della zona prima e dopo il bombardamento, sottolineando che si tratta di « un’area aperta e boscosa, con diversi edifici e capannoni ». Secondo l’esercito, Deif e Salameh si trovavano all’interno di un complesso civile, recintato e controllato da uomini armati, e sarebbero stati colpiti mentre si trovavano in superficie e non nella rete di tunnel sotterranei.
Nella zona colpita, l’esercito non ritiene che fossero tenuti ostaggi israeliani. Proprio il negoziato in corso rischia di essere un’altra ‘vittima’ dell’attacco. Per un alto esponente di Hamas, Sami Abu-Zohri, il raid dimostra che Israele non è interessato a un’intesa per un cessate il fuoco a Gaza e la liberazione dei rapiti. Quanto a Deif, « le affermazioni israeliane sono insensate e mirano a giustificare l’orribile massacro. Tutti i martiri sono civili e quello che è successo è stata una grave escalation della guerra di genocidio, sostenuta dagli americane e dal silenzio della comunità internazionale », ha aggiunto, smentendo la notizia del ferimento o della morte dei due.
I vertici israeliani hanno ritenuto che tentare di uccidere Deif fosse un’occasione da non perdere, pure a rischio di danneggiare i negoziati. Un chiaro messaggio anche per il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ricordato che fin dall’inizio della guerra « ha dato un ordine permanente di eliminare gli alti funzionari di Hamas ». Preoccupazione è stata invece espressa dai familiari dei rapiti: « Siamo tutti favorevoli a regolare i conti con gli assassini di Hamas, ma non a costo della vita dei nostri cari e delle nostre possibilità di riportarli a casa », ha commentato Einav Zangauker, madre del 24enne Matan, mentre partecipa alla marcia di protesta da Tel Aviv a Gerusalemme.
Subito dopo l’attacco il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant si è riunito con il capo di Stato maggiore Herzi Halevi e il capo dello Shin Bet Ronen Bar per valutare la situazione. Anche Netanyahu ha avuto contatti con le forze di sicurezza, l’esercito e i militari e nelle prossime ore sarà convocato un incontro politico e di sicurezza per discutere sviluppi e prossimi passi. Deif è sulla lista dei più ricercati da Israele dal 1995 per il suo coinvolgimento nella pianificazione ed esecuzione di un gran numero di attacchi terroristici, compresi molti attentati suicidi sugli autobus negli anni ’90 e all’inizio degli anni 2000. Il capo militare di Hamas, ritenuto tra le menti dietro il massacro del 7 ottobre, è sopravvissuto ad almeno sette tentativi israeliani di ucciderlo, nei quali è rimasto ferito e ha perso familiari.
Appello di 51 premi Nobel: « Tregua e pace a Gaza e in Ucraina »
Un appello per un cessate il fuoco immediato tra Russia e Ucraina e nella Striscia di Gaza è stato lanciato da 51 premi Nobel di diverse nazionalità, in una lettera indirizzata agli organismi internazionali e ai leader religiosi mondiali, in vista dell’apertura delle Olimpiadi in Francia. Pubblicata dalla testata russa d’inchiesta Novaya Gazeta, diretta dal premio Nobel per la Pace Dmitri Muratov, la lettera-appello chiede « il cessate il fuoco, lo scambio di prigionieri, la liberazione degli ostaggi e l’avvio di colloqui di pace » nei due conflitti in corso.
La lettera è indirizzata alle parti in conflitto, a papa Francesco, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, il Dalai Lama, l’Onu, il Parlamento europeo, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e ai rappresentanti dell’islam e dell’ebraismo. È stata firmata da Nobel per la Chimica, l’Economia, per la Letteratura e la Medicina; tra i firmatari figurano la scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievich, la giornalista filippina Maria Ressa e lo stesso Muratov. L’appello sottolinea che attualmente nel mondo sono in corso almeno 55 conflitti armati e che le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina « si sono ripercosse in diversi Paesi, provocando un peggioramento della fame in Africa, una crisi migratoria nei Paesi europei e portando con acqua, pane e latte sulle tavole degli abitanti di tutti e sei i Continenti, tonnellate di sostanze nocive rilasciate durante ogni bombardamento ».
« Entro la fine di quest’anno, si prevede che il numero di morti e feriti in Europa centrale supererà il milione, per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale », è l’avvertimento della missiva. « Durante questa guerra, i bilanci della difesa mondiale sono cresciuti cosi’ tanto da essere paragonabili alle risorse sufficienti a rallentare il cambiamento climatico globale. Uccidendosi a vicenda, le persone uccidono contemporaneamente il Pianeta », denunciano i Nobel.
« Non siamo rappresentanti degli Stati, ma se gli sforzi degli Stati per stabilire la pace non sono sufficienti, dobbiamo agire. Vi imploriamo di farlo! Chiediamo il vostro aiuto per chiedere un cessate il fuoco e azioni mirate a questo », è la preghiera rivolta dai firmatari ai leader religiosi. « Fate appello a tutti i cittadini del mondo e ai governi proprio durante le Olimpiadi. Che tutti i miliardi di persone che guarderanno i Giochi si uniscano a voi nel chiedere la Pace », concludono i Nobel, « dobbiamo fare in modo che i nostri figli ci sopravvivano. Invece di distruggerci a vicenda, lavoriamo per salvare il nostro pianeta ».
Di Cecilia Scaldaferri e Marta Allevato. (AGI)