I 5 scenari possibili in Francia dopo il voto

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(Roma, 08 luglio 2024). Da un governo minoritario fino a una nuova crisi istituzionale. Cosa potrebbe succedere ora dopo che nessun partito ha ottenuto la maggioranza assoluta

Da un governo minoritario di ‘gauche’ guidato dal Nouveau Front populaire, alla crisi istituzionale. La situazione all’indomani del secondo turno delle elezioni legislative che hanno segnato la vittoria inaspettata della coalizione di sinistra, ci si interroga su come ora uscire fuori dallo spettro di un possibile impasse. Il Nuovo Fronte Popolare è la forza politica più numerosa della nuova Assemblea Nazionale, con 182 deputati, ma questo raggruppamento rimane lontano dalla maggioranza assoluta. E oggi il premier Gabriel Attal ha già annunciato che darà le sue dimissioni. Spetterà quindi al presidente Emmanuel Macron nominare un nuovo primo ministro che proporrà a sua volta la formazione del nuovo governo. Secondo BFMTV sarebbero ora 5 gli scenari possibili.

Governo Nuovo Fronte Popolare

« Emmanuel Macron ha il dovere di invitare il nuovo Fronte popolare a governare », ha detto dopo la vittoria il leader degli Insoumis Jean-Luc Me’lenchon. In assenza di una maggioranza assoluta, i ribelli propongono di approvare parte del loro programma (aumento del salario minimo, blocco dei prezzi, abrogazione della riforma delle pensioni, in particolare) tramite decreto. Ma questo esecutivo potrà sopravvivere solo se non verrà votata una mozione di censura nell’Assemblea Nazionale. La storia di Francia comunque ha dei casi di governi di minoranza che hanno governato nonostante le mozioni di censura: Elisabeth Borne e Gabriel Attal lo hanno fatto per due anni.

Governo Ensemble-Republicains

L’alleanza con i Repubblicani potrebbe consentire ai macronisti di restare a galla. Secondo il conteggio di Elabe, sarebbero in tutto 231 i deputati tra Ensemble, Les Républicains, più altri di destra o dell’UDI eletti all’Assemblea nazionale. « Il Paese è a destra. Dobbiamo governare a destra. E non avere una coalizione con La France insoumise e il Nouveau Front populaire », ha detto a BFMTV Gérald Darmanin, ex sostenitore di Nicolas Sarkozy. « Ci stiamo rivolgendo ai repubblicani », ha detto Benjamin Haddad, deputato dell’Ensemble ed ex segretario nazionale dell’UMP, a BFMTV. « Lo dico da due anni, voglio che lavoriamo con loro ». Nel caso in cui si raggiunga un accordo, il futuro governo potrebbe pero’ cadere con una mozione di censura votata dal Nuovo Fronte Popolare (182 deputati) e dal Raggruppamento Nazionale (147). A meno che non ci sia un accordo di astensione con alcuni partiti.

Coalizione ‘alla tedesca’

Matematicamente, una coalizione PS-Ensemble-LR riunirebbe, ad esempio, 296 deputati, ovvero una maggioranza ristretta. Ma questo, secondo alcuni esperti politici, potrebbe richiedere del tempo. Soprattutto perché una convivenza di estremi, funzionante dall’altra parte del Reno dove è normale che partiti con ideologie diverse si uniscano una volta noti i risultati elettorali per formare una maggioranza, non ha molta tradizione in Francia. Soprattutto i principali partiti del Nuovo Fronte Popolare sembrano escludere uno scenario del genere.

Governo tecnico

Ciò che resta è lo scenario di un cosiddetto governo tecnico composto da esperti (economisti, alti funzionari pubblici, diplomatici, ecc.) supervisionati da una personalità consensuale a Matignon. Un concetto un po’ vago in Francia, mai esistito durante la Quinta Repubblica. La Francia ha conosciuto un governo di unita’ nazionale che riuniva quasi tutti i partiti (eccetto il PCF) come quello di Michel Debre’ (1959-1962). I « tecnici » sono stati effettivamente a capo di governi come Raymond Barre nel 1976 o Jean Castex nel 2020. Ma entrambi avevano un mandato politico e una maggioranza nell’Assemblea.

Crisi istituzionale

Anche il governo tecnico pero’ sarebbe minacciato da un’eventuale mozione di sfiducia. Se quindi nessuno degli scenari precedenti dovesse funzionari la Francia entrerebbe in una crisi istituzionale profonda, con Macron che non sarebbe in grado di sciogliere l’Assemblea fino al 2025.

(AGI)