Italia : 2 giugno, la festa che non riusciva a diventare di tutti. Finché un certo Ciampi…

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(Roma, 01 giugno 2024). 2 giugno, Festa della Repubblica. Una pietra miliare nella tormentata storia italiana postbellica, che ancora oggi commemora il referendum istituzionale che nel 1946 consentì agli italiani, ma soprattutto alle donne italiane, di scegliere fra Monarchia e Repubblica. Vinse la Repubblica, in un serrato scontro all’ultimo voto, con uno scarto di circa due milioni di voti. Quanto bastava a cambiare il destino della nazione e “licenziare” quel disastro dei Savoia.

Ma se prendere le misure alla neonata Repubblica italiana non fu semplice, anche legarsi a questa ricorrenza non è stato un passaggio scontato per i cittadini della Penisola. Lo dimostra il fatto che, ancora oggi, come altre importanti anniversari storici, il 2 giugno divide, fa accendere i toni, producendo un florilegio di interpretazioni della commemorazione in sé, da quella popolare nelle strade a quella roboante della parata militare in quel della Capitale.

La data della Festa venne stabilita con il Decreto legislativo n.387 del 28 maggio 1947 del Capo provvisorio dello Stato, che proclamò il 2 giugno 1947, primo anniversario del referendum, festa nazionale e giorno festivo a tutti gli effetti. Ma il trauma della guerra e di tutto ciò che ne era conseguito era ancora troppo mal digerito per poter permettere agli italiani di appropriarsi di quel ricordo, vestendo i panni della festa. Dal 1950, poi, il protocollo inserì nelle celebrazioni la grande parata militare che si snoda per via dei Fori Imperiali a Roma alla presenza delle alte cariche dello Stato, assieme alla deposizione di una corona di fiori all’Altare della Patria. Tutto troppo marziale per un’Italia ancora “metà giardino e metà galera“.

Un anno prima, nel 1949, si era cercato di dare alla Festa una sfumatura popolare. In quell’anno, infatti, il 2 giugno fu definitivamente dichiarato festa nazionale con la legge del 27 maggio n. 260. Con l’ingresso dell’Italia nella Nato, ricordare l’evento di tre anni prima diventava anche una questione simbolica e di prestigio internazionale: molti boomer, ricordano, infatti, il 2 giugno come la festa in cui le caserme e le basi militari si trasformavano in musei a cielo aperto. In quell’anno si svolsero dieci celebrazioni in contemporanea in tutta la nazione: si scelse di commemorare la figura di Giuseppe Mazzini, acceso repubblicano, a cui venne dedicata una statua nell’attuale piazzale Ugo La Malfa a Roma. Ed è proprio qui che si svolse la principale manifestazione prevista per quel giorno.

Ma per una festa che con molta difficoltà si affrancava dai rigori istituzionali e dai toni militaristi, il cammino per l’affezione da parte del popolo italiano sarebbe stato ancora molto lungo. Dal 1946 in poi, ricorrenze particolari e accidenti della storia hanno spesso sparigliato le carte delle celebrazioni. Come nel 1961, quando vennero spostate a Torino prima capitale d’Italia: quell’anno infatti ricorreva contemporaneamente il Centenario dell’unità d’Italia. Nel tempo, la festa avrebbe però continuato il suo stretto legame con la città di Roma, tanto da essere sospesa nel 1963 per via delle condizioni di Papa Giovanni XXIII, ormai in agonia. Il Pontefice sarebbe morto il giorno dopo e per questa ragione Roma sarebbe stata investita da un altro grande evento storico. Per questa ragione si decise di rinviare i festeggiamenti al 4 novembre, in concomitanza dell’armistizio che poneva fine alla Prima guerra mondiale, oggi Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate.

Vennero poi gli anni della stagflazione e le celebrazioni di questo tipo non poterono non risentire della grave crisi economica che attraversò il sistema internazionale negli anni ’70. E dunque, nell’era delle domeniche a piedi , la legge 54 del 1977 compì una rivoluzione. Il 2 giugno non sarebbe più stato il 2 giugno: la Festa della Repubblica traslocava alla prima domenica del mese, per usufruire gratuitamente di una festa domenicale. Una scelta che certamente risentiva non solo del clima internazionale e della complessa situazione economica, ma che confermava la scelta operata nel 1976 di non organizzare alcuna parata: si trattava di un segno di rispetto per il terribile terremoto che aveva colpito il Friuli, che un mese prima aveva fatto quasi mille vittime. Annullare la parata, inoltre, avrebbe consentito ai militari di poter continuare ad assistere le popolazioni colpite dal sisma. Così, il distacco emotivo da quella festa che ancora appariva delle istituzioni e poco del popolo rese più facile nel 1977 proseguire nella stessa maniera: verrà ripristinata solo nel 1983.

Quell’anno la festa venne organizzata la prima domenica di giugno e logisticamente si spostò tra l’Aventino e Porta San Paolo con il fine di ricordare il tentativo di difendere Roma durante la Seconda guerra mondiale. La parata fu nuovamente eliminata e sostituita da una più semplice mostra storica a Piazza di Siena a Roma. In questo modo, una ricorrenza nata da un pietra miliare come l’affermazione del suffragio universale, si trasformava in un carrozzone vetusto, appannaggio esclusivo delle istituzioni, venendo ridotta alla sola cerimonia all’Altare della Patria.

Come siamo, dunque, finiti ad avere il tricolore per le strade e i bimbini sventolanti colorate bandierine? L’idea fu dell’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che ripristinò la festività alla fine del 2000, con il chiaro intento di inserirla in un più generale progetto di valorizzazione della cultura della Repubblica.

Il 2 giugno 2001, dunque, segnò un grande ritorno per la festività che ricevette grande impulso nei comuni e nelle scuole, ponendo fine a decenni di “romanità”. Tornò la parata, più leggera e moderna: carri armati su ruote di gomma per non deturpare l’urbe, aerei a quota mille metri per non minacciare i reperti archeologici. Ai soldati si aggiunsero le soldatesse, per la prima volta ammesse, in quegli stessi mesi, all’interno delle Forze Armate. Dal 2016, una novità testimonia il cambio di passo nonché il senso della manifestazione: la parata viene aperta da 400 sindaci in rappresentanza degli 8000 comuni italiani. Le eccezioni torneranno con la pandemia, che pose in lockdown anche il 2 giugno, tra il 2020 e il 2021.

Di Francesca Salvatore. (Inside Over)