(Roma, 28 aprile 2024). L’esercito ha predisposto un corridio di sicurezza per gli aiuti umanitari, messo in sicurezza da raid mirati contro le infrastrutture di Hamas. Appello di Abu Mazen: « Gli Usa fermino Israele »
L’attacco israeliano a Rafah si fa sempre più vicino. I media di Tel Aviv hanno riportato che il capo di stato maggiore delle Idf Herzi Halevi ha approvato i piani per l’imminente operazione nella città al confine con l’Egitto, ultima roccaforte di Hamas nella Striscia di Gaza dove si trovano quattro battaglioni dei terroristi e circa un milione di civili scappati dalle zone dei combattimenti nei mesi scorsi.
L’esercito israeliano ha anche affermato di aver affidato la responsabilità del corridoio di sicurezza centrale dell’exclave alle squadre di combattimento riserviste delle brigate Yiftach e Carmeli, che stanno “effettuando raid mirati per eliminare i terroristi e localizzare e distruggere le infrastrutture terroristiche nell’area” con l’obiettivo di proteggere “il corridoio al centro della Striscia di Gaza” e portare “avanti azioni che consentiranno il trasferimento di aiuti umanitari”. I capi del comando meridionale e della 99esima divisione, inoltre, hanno effettuato venerdì 26 aprile una valutazione della situazione sul campo e hanno approvato nuovi piani operativi per la continuazione dei combattimenti. Da parte loro, gli Stati Uniti hanno dichiarato che lo Stato ebraico ascolterà le loro preoccupazioni prima di procedere. « Ci hanno assicurato che non andranno a Rafah finché non avremo avuto la possibilità di condividere veramente con loro le nostre prospettive e le nostre preoccupazioni », ha detto il portavoce della sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby. « Gli israeliani hanno iniziato a rispettare gli impegni che il presidente Biden ha chiesto loro di rispettare ».
Oltre ai preparativi militari, le Idf hanno allestito campi profughi nella zona di Khan Younis per ospitare i civili che ancora si trovano a Rafah. Secondo le stime, per effettuare un’evacuazione completa della città sarebbero necessarie tre settimane, ma è probabile che le forze dello Stato ebraico attaccheranno molto prima. Secondo il presidente dell’Anp Abu Mazen, “Israele entrerà a Rafah nei prossimi giorni” e “gli Stati Uniti sono l’unico Paese che può impedire a Israele di attaccare Rafah. Chiediamo la fine dei combattimenti e la fornitura di aiuti alla Striscia di Gaza”.
Nel corso degli ultimi mesi, diverse associazioni internazionali hanno dichiarato che le operazioni delle Idf causeranno una catastrofe umanitaria e Washington ha cercato di fare pressioni su Tel Aviv per convincere il premier Benjamin Netanyahu a non autorizzare l’offensiva, minacciando anche di sospendere gli aiuti militari a Israele se non fossero stati predisposti corridoi sicuri per i civili.
Il primo ministro di Tel Aviv ha sempre respinto le richieste della Casa Bianca, sostenendo che la sconfitta totale di Hamas non sarebbe possibile senza la conquista di Rafah. Una postura, questa, condizionata anche dalla politica interna dello Stato ebraico. I partiti di estrema destra che compongono l’esecutivo, infatti, si sono sempre schierati a favore dell’attacco.
Domenica 28 aprile, il ministro delle Finanze ed esponente della formazione Sionismo religioso Bezalel Smotrich ha dichiarato che “il governo non avrà il diritto di esistere se decide di sventolare bandiera bianca e di annullare immediatamente l’ordine di conquistare Rafah per completare la missione di distruzione di Hamas e riportare la pace per i residenti del sud di Israele e per tutti i cittadini del Paese”.
Di Filippo Jacopo Carpani. (Il Giornale)