I droni di Israele sono partiti dall’Iran ? L’incubo dei generali di Teheran

0
174

(Roma, 19 aprile 2024). Sono ancora pochi gli elementi chiari dell’attacco israeliano di questa notte contro la base di Isfahan, una cosa però appare certa: l’operazione non è partita dal territorio dello Stato ebraico. I droni che hanno colpito di striscio una delle principali strutture della difesa iraniana, non sono decollati dalle basi dell’Idf e da altre aree di Israele. A sostenerlo sono stati nelle scorse ore gli stessi iraniani, i quali hanno spiegato che Isfahan è stata presa di mira da micro droni che probabilmente hanno percorso molti meno chilometri rispetto alla distanza che separa il territorio iraniano da quello israeliano. In particolare, i mezzi senza pilota sarebbero arrivati da nord. Da Tabriz, una delle più importanti città delle regioni nord occidentali dell’Iran, oppure direttamente dall’Azerbaijan. Lì dove non è un mistero la presenza di funzionari israeliani in relazione alla fitta collaborazione militare tra Baku e Tel Aviv.

Il coinvolgimento azero

Gli iraniani, nel fare riferimento a un attacco nemico partito dal proprio territorio, non hanno molto da guadagnarci: ammettere di essere stati colpiti dall’interno è sempre l’ultima delle priorità per un Paese impegnato in un serrato confronto con un’altra forza militare. Dunque, se alcuni ufficiali si sono esposti in tal senso, vuol dire che uno scenario del genere è quantomeno verosimile. Il New York Times nelle scorse ore è riuscito a raggiungere alcuni generali iraniani i quali hanno spiegato che i loro radar non hanno ravvisato l’intrusione di aerei nemici durante la notte. Circostanza che ha giocato a favore dell’effetto sorpresa cercato e ottenuto da Israele, ma che dimostrerebbe anche che i velivoli nemici sono decollati direttamente dal territorio iraniano. Nella loro testimonianza, i graduati iraniani hanno inoltre affermato che diversi gruppi di micro droni sono comunque stati abbattuti proprio nella regione di Tabriz, ulteriore segnale di un attacco partito dall’area nord occidentale del Paese.

Non è però da escludere l’ipotesi di un’azione avviata dal territorio azero. Da Tabriz, i confini con l’Azerbaijan non sono così lontani e lì, come detto in precedenza, è risaputa la presenza di forze israeliane operative. Ad ogni modo, a prescindere se l’operazione ha avuto origine in Iran oppure nel confinante Paese caucasico, all’orizzonte appare ben visibile un importante movimento lungo l’asse tra Tel Aviv e Baku. I funzionari dello Stato ebraico da tempo sono presenti in territorio azero, questa notte potrebbero aver chiesto la collaborazione diretta o indiretta agli stessi azeri. Del resto, colpire il territorio iraniano dall’Azerbaijan è molto più agevole specialmente se l’attacco per riuscire necessita di essere sorretto dall’effetto sorpresa.

Dal canto suo, gli azeri potrebbero aver messo a disposizione proprie postazioni di lancio per far partire i droni israeliani verso Isfahan. Oppure, nell’ottica di una collaborazione indiretta e in grado di non esporre Baku a imbarazzi internazionali, gli israeliani potrebbero aver sfruttato il territorio azero per coordinare il lavoro di chi, poco più a sud e direttamente da Tabriz, ha materialmente azionato gli ordigni. La città del resto è punto di riferimento della minoranza azera in Iran, una comunità di oltre dodici milioni di persone al cui interno non mancano gruppi e organizzazioni che non vedono di buon occhio l’attuale governo di Teheran.

Perché Baku e Tel Aviv sono così vicine

C’è quindi un filo rosso che collega Israele e Azerbaijan e l’attacco di questa notte lo ha al momento confermato. Ma la vicinanza tra i due Paesi non è affatto recente. Al contrario, il governo israeliano nel 1991 è stato tra i primi al mondo a riconoscere l’indipendenza di Baku dall’Unione Sovietica e, da allora, è stata avviata una intensa collaborazione in ambito economico e militare. Una circostanza a prima vista sorprendente: l’Azerbaijan è un paese a maggioranza sciita, proprio come l’Iran, eppure negli ultimi trent’anni ha avuto in Israele uno dei principali riferimenti internazionali.

Tra le carte svelate da WikiLeaks è emerso, tra le altre cose, che il presidente azero Ilham Aliyev ha paragonato il rapporto tra il suo Paese e lo Stato ebraico a un iceberg: “Nove decimi di questo rapporto – sono le parole espresse anni fa dallo stesso Aliyev – è nascosto sotto la superficie”. La vicinanza tra Baku e Tel Aviv è risultata molto evidente durante le fasi più calde della guerra nel Nagorno-Karabakh, quando quantità imponenti di droni israeliani sono arrivati in territorio azero assieme a quelli girati dall’altro alleato del Paese caucasico, la Turchia. Il conflitto contro le forze armene dell’Artsakh andato avanti sul finire del 2020, è stato forse il primo in cui proprio l’apporto dato dai droni sul campo di battaglia si è rivelato decisivo.

Grazie anche ai velivoli senza pilota girati da israeliani e turchi, l’Azerbaijan ha avuto ragione degli armeni e ha potuto riprendere la regione contesa del Nagorno. Ma anche oggi a conflitto finito, l’afflusso di armi israeliane appare continuo nelle segnalazioni di diverse intelligence internazionali. Nelle scorse ore Tel Aviv potrebbe aver chiesto un aiuto a Baku per la sua azione in territorio iraniano. Un aiuto a cui, evidentemente, difficilmente Aliyev poteva dire di no.

Di Mauro Indelicato. (Inside Over)