(Roma, 13 aprile 2024). Teheran dispone di droni e oltre 3mila vettori per raggiungere lo Stato ebraico. La risposta: « Iron Dome » e « David’s Sling »
Sono nemici giurati, ma separati da oltre mille chilometri di territorio occupati da Giordania, Siria, Arabia Saudita ed Iraq. Proprio per questo la prima scintilla di un’eventuale rappresaglia iraniana su Israele verrebbe affidata ai missili e ai droni della Repubblica Islamica. Una scintilla a cui Israele risponderebbe con i propri sistemi antimissile e, subito dopo, con i raid degli F15 ed degli F35 sulle infrastrutture nucleari degli ayatollah.
Ma partiamo dalla fatidica prima ora di guerra o, meglio, dalla promessa rappresaglia iraniana per l’eliminazione del comandante dei pasdaran Mohammed Reza Zahedi e dei sei suoi luogotenenti uccisi, una decina di giorni fa, nel raid israeliano sul consolato iraniano di Damasco. Dieci giorni non sono sufficienti per mettere a punto un attentato contro gli interessi israeliani all’estero, né per organizzare un’operazione affidata alle milizie sciite dispiegate in Siria o alle cellule di Hamas o della Jihad Islamica presenti in Cisgiordania. Delegando la risposta ad Hezbollah, Teheran rischierebbe invece di giocarsi il controllo di un Libano bersaglio dell’inevitabile risposta israeliana. Un’azione affidata alle milizie yemenite degli Houthi rischierebbe invece di venir neutralizzata dalle missioni navali di Usa e Ue nel Mar Rosso.
Per tutte queste ragioni l’intelligence americana ritiene che la rappresaglia di Teheran – prevista per questo fine settimana – venga affidata all’arsenale missilistico. Oggi stando alle stime americane e israeliane la Repubblica Islamica dispone di almeno 3mila vettori balistici capaci di volare su traiettorie suborbitali trasportando una o più testate convenzionali. Tra i più potenti vi sono il Khoramshar, dotato di testate da oltre mille chili e con una gittata di circa tremila chilometri di distanza, e il Sejil capace di volare per duemila chilometri con 750 chili di esplosivo.
Ma secondo gli analisti almeno altri sette missili iraniani (Emad, Shahab 3, Ghadr, Paveh, Fattah-2, Kheibar Shekan and Haj Qasem) sono in grado di raggiungere lo stato ebraico. A preoccupare i comandi israeliani sono i ridotti tempi di reazione e l’ipotesi che la pioggia di missili sia accompagnata dal volo di sciami di droni.
Una testata balistica viaggia alla velocità di 3 chilometri al secondo ed è quindi in grado di raggiungere in poco più di 5 minuti e mezzo Haifa o Dimona, la città e la centrale nucleare considerati dalla Cia i possibili obbiettivi di un attacco iraniano. Ovviamente Israele dispone di almeno tre sistemi anti-missili capaci di neutralizzare i vettori e i droni di Teheran.
Il sistema Iron Dome (Cupola di ferro) attivo dal 2011 è progettato per colpire e abbattere missili e droni fino ad una distanza di 120 chilometri. La «David’s Sling» – ovvero la «fionda di Davide» – può neutralizzare minacce distanti anche 250 chilometri. Il sistema Arrow 2 e 3 è in grado d’intercettare missili balistici a distanze che vanno dai 1500 ai 3000 chilometri. Tutti questi sistemi, per quanto sofisticati e sperimentati, rischiano però di venir messi in crisi dai lanci combinati di droni e missili.
Lanci capaci di confondere e mandare in confusione, come già visto in Ucraina, i radar e i sistemi computerizzati che consentono di colpire un missile in volo.
Di Gian Micalessin. (Il Giornale)