La Casa Bianca e il piano per il dopo Netanyahu

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(Roma, Parigi, 07 marzo 2024). Benny Gantz è andato nei giorni scorsi a Washington e in questo mercoledì ha tenuto un vertice a Londra con il ministro degli Esteri britannico, David Cameron. Fin qui non sembra esserci nulla di eclatante: Gantz è uno dei ministri senza portafoglio del gabinetto di guerra del premier israeliano Benjamin Netanyahu, dunque il suo viaggio potrebbe inquadrarsi in un normale tour diplomatico a casa dei principali alleati dello Stato ebraico.

La situazione tuttavia è una delle più paradossali venutesi a creare all’interno della politica israeliana negli ultimi mesi. Il viaggio di Gantz oltreoceano e oltremanica non è stato autorizzato da Netanyahu. Dunque il rappresentante del governo si è recato a Washington e a Londra portando sì le istanze del suo governo, ma senza l’avallo del capo dell’esecutivo. Più che di un ministro dell’esecutivo di Netanyahu, Gantz ha assunto la parte di un premier ombra. Forse l’uomo che il presidente Usa Joe Biden ha scelto come vero interlocutore.

Perché la Casa Bianca punterebbe su Gantz

Da quando è scoppiato il conflitto a Gaza lo scorso 7 ottobre, le divergenze tra gli Stati Uniti e Israele sono aumentate giorno dopo giorno: “Ma forse – ha sottolineato una fonte diplomatica sentita da InsideOver – sarebbe più giusto parlare di divergenze aumentate direttamente tra Biden e Netanyahu”. Il capo della Casa Bianca ha più volte esortato il premier israeliano ad astenersi da comportamenti difficilmente difendibili in ambito internazionale. Come, tra tutti, il massiccio dispiegamento di forze all’interno della Striscia di Gaza e i raid in grado di provocare migliaia di vittime tra la popolazione civile.

Netanyahu ha però tirato dritto, senza ascoltare Biden. Da qui l’idea, sempre più accreditata negli Usa e in Israele, della volontà degli Stati Uniti di trovare altri interlocutori: “In Israele – ha proseguito la fonte diplomatica – si dà per certa l’esistenza di un accordo tra Biden e Gantz”. Questo spiegherebbe il motivo del viaggio del ministro attuato senza l’autorizzazione del premier. Il tour diplomatico per Netanyahu ha rappresentato uno smacco importante: Gantz si è recato a Washington e a Londra non certo senza l’avallo delle rispettive amministrazioni. Nelle due capitali ha poi tenuto incontri ai più alti livelli istituzionali: alla Casa Bianca, in particolare, ha incontrato il segretario di Stato, Antony Blinken, e la vice presidente Kamala Harris.

Segno di colloqui importanti, tenuti all’ombra di Netanyahu: “Gantz è ritenuto affidabile e credibile per via della sua esperienza militare – ha dichiarato ancora la fonte sentita da InsideOver – è visto come l’uomo dell’opposizione più vicino all’esercito”. In effetti, è bene ribadire che Gantz prima di entrare nel gabinetto di guerra era noto soprattutto nel ruolo di oppositore di Netanyahu. Non il principale e non il più forte: Yair Lapid, altro importante capo dell’opposizione e fondatore del partito centrista Yesh Atid, ha 24 seggi in parlamento contro i 12 della formazione Unità Nazionale guidata da Gantz. Ma Lapid proviene dal mondo del giornalismo, Gantz invece da quello militare.

La sua carriera in divisa è stata molto importante ed è culminata con la nomina, avvenuta nel 2011, a capo di stato maggiore dell’Idf. Per questo sarebbe ben visto dall’esercito e dai vari apparati di sicurezza, circostanza a sua volta in grado di alimentare la fiducia da parte della Casa Bianca. Quello di Gantz è, in poche parole, il profilo ideale tracciato da Biden per ricucire gli strappi con Israele e provare a proseguire senza ulteriori traumi il dialogo sulla situazione a Gaza.

L’ipotesi della caduta di Netanyahu

In Israele per l’appunto si parla di accordo già fatto e il recente viaggio di Gantz tra Washington e Londra lo dimostrerebbe. Un’altra testimonianza dell’intesa potrebbe essere stata rappresentata anche dalla notizia delle dimissioni, poi timidamente smentite lunedì, dei vari portavoce dell’Idf. Ma cosa potrebbe prevedere l’accordo tra Biden e l’ex capo di stato maggiore israeliano? Le ipotesi sarebbero due: la prima riguarderebbe la caduta di Netanyahu.

Anshel Pfeffer su Hareetz, quotidiano israeliano da sempre molto critico sull’attuale premier, non a caso ha parlato di un Netanyahu stretto tra due fuochi: da una parte ci sono le minacce dei partiti ultra religiosi e di estrema destra, dall’altra il capo dell’esecutivo deve guardarsi dalle mosse di Gantz e del suo ministro della Difesa, Yoav Gallant. I primi hanno promesso di togliere il loro decisivo appoggio in parlamento in caso di tregua, Gantz e Gallant sarebbero invece i principali artefici della possibile caduta di Netanyahu.

Un riferimento quest’ultimo non soltanto alla visita a Washington dell’ex capo di stato maggiore, ma anche alle mosse politiche svolte assieme al responsabile della difesa. Gallant infatti, così come ricostruito dal The Times of Israel, vorrebbe insistere nel sostenere una legge che tolga agli ebrei ultra ortodossi l’esenzione dalla leva obbligatoria: “Ma solo – scrivono i giornalisti del quotidiano israeliano – se la legge verrà sostenuta anche da Gantz”. E, sempre secondo il Times, l’ex capo di stato maggiore avrebbe già dato il suo assenso.

Se la legge dovesse approdare nelle aule parlamentari, la coalizione che regge il governo di Netanyahu sarebbe a serio rischio. I partiti religiosi negherebbero il proprio benestare, uscendo quindi dalla maggioranza e privando il premier dei voti necessari alla Knesset. Un disegno di legge del genere ha già fatto cadere una volta Netanyahu: era il 2019, anche all’epoca a volere a tutti i costi il provvedimento era stato un ministro della difesa, in quel caso rispondente ad Avigdor Lieberman.

Le voci su una mossa volta a mettere pressione sull’attuale premier

Non tutti però sono concordi su una fine vicina del governo di Netanyahu. C’è chi punta sull’abilità politica di “Bibi” di rimanere sempre a galla anche nelle situazioni più disperate. E c’è chi invece scommette sulla stessa volontà di Washington di non puntare su un immediato cambio di governo. Avere Gantz come interlocutore cioè, potrebbe non significare volere l’ex capo di stato maggiore subito nel ruolo di premier. Anche perché la Casa Bianca è ben consapevole delle dinamiche politiche israeliane, contraddistinte sì da una certa frammentazione ma, al tempo restia, non così inclini a veloci ribaltoni. In caso di caduta di Netanyahu infatti, si passerebbe molto probabilmente da nuove elezioni e non da un’immediata formazione di un nuovo governo.

Il ruolo di Gantz in questo scenario potrebbe quindi essere quello di attore in grado di mettere pressione su Netanyahu. Quest’ultimo infatti, sapendo di avere in casa un nuovo interlocutore della Casa Bianca, potrebbe essere costretto a muoversi con meno autonomia da Washington o comunque almeno ascoltare le posizioni di Joe Biden.

Di Mauro Indelicato. (Inside Over)