(Roma, Parigi, 27 febbraio 2024). Quando serve una scossa all’interno dell’Autorità Nazionale Palestinese, ecco che a saltare fuori è una figura spesso in ombra nell’alveo politico della Cisgiordania: quella del primo ministro. Si tratta formalmente del capo del governo palestinese, ma nella realtà la sua incidenza è ben inferiore a quella (peraltro di suo già molto debole) del presidente.
Nelle ultime ore qualcosa sembra muoversi. Il primo ministro in carica, Mohammed Shtayyeh, si è dimesso e il presidente dell’Anp, Abu Mazen, ha accettato la fine del suo mandato. Una mossa, a giudicare dalle parole rilasciate dallo stesso Shtayyeh, che potrebbe imprimere una svolta all’interno dell’Anp e che potrebbe anticipare una riforma dell’autogoverno palestinese invocata da diversi Stati della regione.
Cosa potrebbero voler significare le dimissioni del primo ministro
La carica di premier non è stata prevista negli accordi di Oslo del 1993, quelli cioè dove israeliani e palestinesi hanno sancito la nascita dell’Anp. Soltanto nel marzo del 2003 si è avuta l’introduzione, all’interno dello statuto dell’organo di autogoverno, della figura del capo del governo. In quel momento la seconda Intifada non solo è ancora in corso, ma ha anche raggiunto il culmine delle violenze. Il governo israeliano di Ariel Sharon non ha visto nell’allora presidente dell’Anp, Yasser Arafat, un interlocutore affidabile per placare i disordini.
Con la mediazione di Usa ed Egitto, si è quindi raggiunta un’intesa per l’istituzione, in seno all’Anp, della carica di primo ministro. Un modo per trovare, soprattutto in ambito internazionale, una figura di raccordo politico e diplomatico con l’esecutivo palestinese e per dare a Israele un nuovo interlocutore. A prendere per la prima volta l’incarico di premier, è stato l’attuale presidente Abu Mazen. Il suo mandato è durato poco: già a settembre a Ramallah, sede dell’Anp, si è optato per un rimpasto di governo.
L’introduzione della figura del primo ministro non ha avuto un grande impatto né nell’amministrazione dei territori e né ovviamente nel percorso di pace. Tuttavia, ogni qualvolta si intravedono novità all’orizzonte, i primi segnali si scorgono proprio dall’ufficio del premier. È stato così per l’appunto in occasione dell’incarico conferito nel 2003 ad Abu Mazen, quando c’era l’esigenza di aprire spiragli per una mediazione con l’esecutivo di Sharon. Ed è stato così anche nel marzo 2006, quando in veste di presidente dell’Anp e successore di Arafat, Abu Mazen ha dato il mandato all’attuale leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh. In quell’occasione, si è sancito il riconoscimento della vittoria del movimento islamista nelle elezioni legislative di pochi mesi prima, le ultime effettuate per il rinnovo dei vertici palestinesi.
Le parole di Mohammed Shtayyeh
Le dimissioni annunciate da Shtayyeh potrebbero dunque aprire spiragli. Nella lettera con cui ha annunciato di aver lasciato l’incarico, l’oramai ex premier palestinese ha parlato proprio della possibilità che si arrivi a una riforma dell’Anp: “Io penso – si legge nella missiva pubblicata dall’agenzia Wafa – che la prossima fase richieda una riorganizzazione nel governo e nella politica che prenda in considerazione la nuova realtà nella Striscia di Gaza, i colloqui di unità nazionale e la necessità del raggiungimento di un consenso inter-palestinese basato sulle fondamenta nazionali, su una vasta partecipazione, sull’unione delle file e sull’estensione della autorità dell’Anp sull’intero territorio’‘.
Parole che sembrerebbero andare nella direzione di quanto auspicato da molti attori regionali, i quali nelle varie stanze diplomatiche hanno sottolineato negli ultimi mesi l’impotenza dell’Anp e la sua scarsa presa sul territorio della Cisgiordania. Il passo indietro di Shtayyeh potrebbe lasciar presagire la formazione di un governo di unità nazionale e alla convocazione di nuove elezioni. Il tutto per ridare slancio e fiato a un’autorità palestinese ben lontana dall’essere parte in causa nella guerra in corso a Gaza.
Non è un caso se il premier dimissionario ha citato proprio “la nuova realtà” nella Striscia. Subito dopo lo scoppio del conflitto di ottobre tra Hamas e Israele, dagli Stati Uniti è arrivata la proposta di far tornare l’Anp proprio a Gaza. Qui le autorità di Ramallah hanno perso la presa sul territorio nel 2007, a seguito della sconfitta nello scontro interno con Hamas. Il futuro riordino del governo palestinese, potrebbe quindi essere propedeutico anche a uno scenario post bellico su cui starebbe lavorando la diplomazia internazionale.
Presto per dirlo, ma di certo le dimissioni di Shtayyeh non sono arrivate per caso. E hanno avuto come primo effetto quello di tornare quanto meno a far parlare dell’Anp, la cui leadership da anni appare debole anche sul piano interno.
Di Mauro Indelicato. (Inside Over)