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Dalla UE un piano per la soluzione a due Stati: dalla situazione umanitaria al pieno riconoscimento reciproco

(Roma, 22 gennaio 2024). I 12 punti preparati dall’Alto rappresentante per la Politica estera, Josep Borrell

Èun piano di dodici punti quello preparato dall’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, per porre fine alla spirale di violenza tra israeliani e palestinesi. Non è un piano di pace – come lo stesso Borrell ha precisato – ma un piano per la soluzione a due Stati.

  1. Sottolinea che è vitale e urgente che l’Unione europea affronti la situazione umanitaria a Gaza, la guerra e gli attacchi terroristici. Per fare ciò, deve prepararsi per la futura sicurezza di israeliani e palestinesi, per la stabilizzazione dei territori occupati e per una rapida ripresa e governo di Gaza. Tale preparazione per il dopoguerra include necessariamente un’iniziativa volta a porre fine ai conflitti di lunga data nell’area.
  2. Avverte che è necessario promuovere una pace globale quanto prima possibile poiché, in assenza di un processo di pace per raggiungere la soluzione a due Stati, qualsiasi meccanismo di governance e di sicurezza istituito a Gaza o altrove sarà percepito come un’estensione dell’occupazione e una negazione dei diritti dei palestinesi e creerà quindi ulteriori rischi per la sicurezza della regione e dell’Europa.
  3. Garantisce che non esista altra soluzione credibile e globale se non quella di uno Stato palestinese indipendente che esista fianco a fianco con Israele, in pace e sicurezza, con la piena normalizzazione e lo sviluppo sostanziale della sicurezza e della cooperazione economica tra Israele, Palestina e la regione, compreso i maggiori Stati arabi.
  4. Non è realistico presumere, aggiunge, che israeliani e palestinesi – questi ultimi rappresentati dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) – parteciperanno, nel prossimo futuro, ai negoziati di pace bilaterali senza una forte partecipazione internazionale. I palestinesi avranno bisogno di un’Olp rivitalizzata per presentare un’alternativa politica a Hamas, mentre gli israeliani dovranno trovare la volontà politica per impegnarsi in negoziati significativi verso una soluzione a due Stati. E’ quindi responsabilità degli attori esterni, come l’Ue, contribuire a preparare il terreno per una pace globale.
  5. Raccomanda di organizzare una conferenza preparatoria per la pace sulla base dei risultati dell’incontro « Peace Day Effort », co-organizzato a margine dell’ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite, da Borrell a nome dell’Ue e dall’Egitto, dalla Giordania, dall’Arabia Saudita e dal Lega degli Stati Arabi e, se possibile, insieme agli Stati Uniti.
  6. Questa conferenza dovrebbe convocare ministri degli Esteri e capi di importanti organizzazioni internazionali disposti e in grado di contribuire alla pace regionale globale e questi, a loro volta, organizzare incontri separati quasi simultaneamente con ciascuna delle parti in conflitto, quelle che non possono essere costrette a sedersi allo stesso tavolo.
  7. I coordinatori della conferenza dovrebbero presentare una bozza iniziale di un quadro per un piano di pace e invitare tutti gli Stati interessati e le organizzazioni internazionali a contribuire al suo sviluppo futuro, nonché un’agenda per completarlo entro un anno.
  8. Afferma che il piano di pace deve combinare e stabilire nel modo più pratico possibile gli elementi centrali di una pace globale tra le parti in conflitto, rispettando le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e basandosi sui precedenti sforzi internazionali.
  9. Rileva che un elemento essenziale di tale piano di pace dovrebbe essere lo sviluppo di forti garanzie di sicurezza per Israele e il futuro Stato indipendente di Palestina, subordinate al pieno riconoscimento diplomatico reciproco e all’integrazione sia di Israele che della Palestina nella regione.
  10. I coordinatori dovrebbero consultarsi il più possibile con le parti in conflitto, ma porteranno avanti il lavoro indipendentemente dal fatto che l’una o l’altra delle parti in conflitto non sia pronta a partecipare.
  11. Una volta ultimato, il piano deve essere proposto alle parti in conflitto. E, in quel momento, gli Stati e le organizzazioni internazionali coinvolte nel processo devono stabilire le conseguenze che prevedono per entrambe le parti se si raggiungerà o meno un compromesso.
  12. E sostiene che lo sviluppo del piano di pace deve essere accompagnato da sforzi paralleli, come la fine dell’attuale guerra, la garanzia della ripresa e della ricostruzione di Gaza e delle comunità colpite nel sud di Israele o il rafforzamento della legittimità democratica dell’Autorità Palestinese, tra gli altri.

(La Stampa)

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