(Roma, 11 gennaio 2024). Gli Stati Uniti corrono ai ripari in Africa studiando nuove strategie e alleanze per contenere la preoccupante avanzata di gruppi terroristici come lo Stato Islamico e Al Qaeda nel Sahel. Infatti, la crescita di questa minaccia in Mali, Burkina Faso e Niger e l’espansione dell’influenza russa nella regione rendono impossibile per gli Usa fare affidamento sui governi locali per utilizzare basi militari per i droni con i quali monitorare le attività degli islamisti.
Il Sahel compromesso
Il ripensamento americano nell’area sarebbe in particolare indispensabile per superare quello che è di fatto il blocco operativo dell’Air Base 201, una struttura da 110 milioni di dollari ad Agadez in Niger, a seguito del colpo di Stato dei militari avvenuto a luglio nel Paese. Il golpe ha costretto Washington a sospendere le operazioni di sicurezza e gli aiuti allo sviluppo a Niamey e al momento i droni si limitano a condurre missioni di sorveglianza con la finalità di proteggere le truppe degli Stati Uniti stanziate in loco. Inoltre i contatti intergovernativi sono stati ridotti e limitati a periodiche comunicazioni tra il capo dello Us Africa Command, Michael Langley, e il responsabile della Difesa della giunta, il generale Moussa Salaou Barmou.
Rimangono dunque incerte le sorti di circa 1000 soldati americani, l’unica presenza occidentale rimasta nel Paese dopo il ritiro dei soldati francesi, anche se alcune nazioni europee, tra cui Germania, Italia e Spagna, starebbero valutando di stabilire contatti con la giunta militare al potere. “Non ci sono molte altre opzioni se non ritirarci” dal Sahel dichiara l’ex generale Mark Hicks. L’amministrazione Biden ha raggiunto infatti la conclusione che, oltre al Niger, anche Mali e Burkina Faso sono inaffidabili e “compromessi” a causa dell’instabilità politica e della presenza dei paramilitari russi della Wagner.
Il ripiegamento verso l’Oceano
Per fare fronte all’”accecamento” Usa in Niger, il Wall Street Journal riporta che il Pentagono sarebbe quindi in contatto con le autorità di Ghana, Costa d’Avorio e Benin, Stati dell’Africa occidentale affacciati sull’Oceano Atlantico, per ottenere l’autorizzazione a stabilire basi da cui far decollare i droni necessari a tenere d’occhio i gruppi terroristici. Le basi su cui si sarebbe concentrata l’attenzione degli americani sono quelle di Tamale in Ghana e di Parakou in Benin oltre ad altre tre strutture in Costa d’Avorio.
L’allarme terrorismo interessa comunque anche gli Stati costieri e ad incombere sulle manovre degli Usa ci sarebbero i timori per un’ulteriore esplosione della minaccia jihadista. Nei primi nove mesi del 2023 in Benin 114 attacchi eseguiti dai militanti islamici hanno fatto 120 morti, un dato in crescita rispetto ai 72 eventi terroristici del 2022 e agli appena cinque del 2021. Nel vicino Togo tra il gennaio e il novembre dell’anno scorso si sono registrate invece 31 vittime di azioni terroristiche. In Costa d’Avorio e Ghana non ci sarebbero stati attentati nel 2023 ma in quest’ultimo Paese si segnala l’infiltrazione di cellule di estremisti. “Il centro di gravità (delle azioni dell’Isis) è in Africa” spiega Hans-Jacob Schindler, analista del think tank Counter Extremism Project, secondo il quale l’espansione della presenza degli integralisti nel continente porterà però prima o poi “ad un terribile spillover”.
Di Valerio Chiapparino. (Inside Over)