Israele stana il comandante di Hezbollah in Libano: ucciso Wissam al-Tawil

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(Roma, 08 gennaio 2024). Le Idf avrebbero eliminato un alto comandante dell’Unità Radwan, forza di élite di Hezbollah

Le forze di Israele avrebbero eliminato uno dei pezzi da novanta di Hezbollah nella città di Kherbet Selm, a una decina di chilometri dal confine. Nell’intricato secondo fronte tra Tel Aviv e Beirut, il comandante militare dei proxy di Teheran sarebbe stato ucciso oggi in un attacco mentre si trovava nel suo veicolo nel sud del Libano. A riferirlo, un funzionario della sicurezza libanese citato dall’Afp. Il leader militare avrebbe avuto « un ruolo di primo piano nella direzione delle operazioni militari nel sud del Libano ».

Chi è il comandate di Hezbollah ucciso

Secondo la ricostruzione della Reuters, si tratterebbe di Wissam al-Tawil, noto come Jawad, membro di alto livello della forza Radwan, unità speciale di Hezbollah operante nel sud del Libano. Al Tawil era stato nominato comandante sul campo poche settimane fa. La sua auto sarebbe stata colpita da un drone, tuttavia, al momento non vi è stata nessuna conferma della sua morte da parte di Hezbollah. Il suo ruolo di top commander sarebbe testimoniato anche da alcune foto che lo ritraggono assieme al defunto Qassem Soleimani.

La notizia fa seguito alla morte, questa mattina all’alba, di sette militanti del Partito di Dio per mano delle Idf, che si starebbero concentrando proprio sullo smantellamento della Radwan, l’unità maggiormente elitaria del gruppo, i cui combattenti ammonterebbero a circa 5000 unità. L’intera operazione si collocherebbe all’interno del vasto piano di rappresaglia per l’attacco alle basi militari nel nord di Israele, inclusa l’unità di controllo aereo sul monte Meron.

Cos’è l’Unità Radwan: l’élite di Hezbollah

Nota anche come « Unità 125 », la principale missione dei suoi uomini è quella di infiltrarsi nel territorio israeliano, tentando di conquistare avamposti in Galilea. Negli scorsi mesi, nelle fasi finali dei negoziati israelo-libanesi sul mare, quest’unità era venuta allo scoperto poiché i suoi uomini erano stati messi in stato di allerta e schierati in posizioni statiche lungo il confine attraverso l’etichetta dell’organizzazione « Verde senza frontiere ». Un’altra porzione di miliziani era poi stata schierata assieme alle unità aggiuntive « Aziz » e « Nasser »che stazionano in via permanente lungo il confine con Israele.

Fino al 2008, anno della morte di Imad Mughniyeh, comandante dell’ala terroristica di Hezbollah, l’organizzazione era conosciuta come « Forza di intervento rapido »: dopo la morte del terrorista venne ribattezza con il suo nome di battaglia « Hajj Radwan ». I miliziani del gruppo spesso operano in abiti civili, sebbene armati fino ai denti, operando in più contesti, dallo spionaggio fino alle missioni « sporche ». Le fonti di intelligence sostengono a ragion veduta che l’unità possa essere responsabile dell’escalation che ha poi portato alla seconda guerra del Libano: i preparativi dell’operazione sarebbero avvenuti sotto comando diretto di Mughniyeh.

I raid israeliani non si fermano

Tel Aviv sembra sempre più intenzionata a non ridurre le tensioni con il Libano, in vista dei ripetuti attacchi da parte dei proxy iraniani. L’aeronautica israeliana afferma di aver effettuato una serie di attacchi aerei questa notte contro obiettivi di Hezbollah, compreso un complesso militare nel villaggio di Marwahin. A riportarlo Al Jazeera, secondo cui sono stati colpiti anche un lanciarazzi e altre infrastrutture nel villaggio di Aita al-Shaab.

La comunicazione, da parte di Israele, su questo punto, sembra farsi confusa: Benny Gantz, dal gabinetto di guerra, ha pubblicato ieri un post su X in cui dichiara che Israele è interessato a una « soluzione diplomatica » con Hezbollah. Non usa lo stesso tono, invece, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, che in un’intervista al Wall Street Journal ribadisce la possibilità di fare in Libano un secondo fronte. « Vedono cosa sta succedendo a Gaza », ha detto, « sanno che possiamo fare copia-incolla a Beirut”. Gallant ha poi aggiunto che « 80.000 persone devono poter tornare alle loro case in sicurezza » e quindi, se tutto il resto fallisce, « siamo disposti a sacrificarci » sebbene la priorità di Israele non sia quella di entrare in guerra con il gruppo libanese Hezbollah.

Di Francesca Salvatore. (Il Giornale)