(Roma, 29.11.2023). Che cosa ha svelato il Financial Times sul sostegno della Turchia alla macchina bellica della Russia
L’impiego di droni su larga scala da parte della Russia nella guerra in Ucraina non sarebbe possibile se Paesi come la Turchia evitassero, come Ankara sta facendo adesso, di rifornire la macchina bellica di Mosca con beni dual use come i microchip che, grazie a un complesso gioco elusivo che si basa soprattutto sul ricorso a intermediari, da quel Paese prendono la volta della Russia in barba alle sanzioni occidentali. È quanto emerge da un recente articolo del Financial Times che riporta i dati di questi flussi commerciali vietati.
La visita del sottosegretario USA.
Questa settimana, riporta il Financial Times, il sottosegretario Usa al terrorismo e all’intelligence finanziaria Bryan Nelson visiterà Istanbul e Ankara allo scopo di discutere “gli sforzi per prevenire, interrompere e indagare le attività finanziarie e commerciali che aiutano lo sforzo della Russia nella sua guerra contro l’Ucraina”.
Si tratta del secondo viaggio in Turchia del sottosegretario, che arriva nel momento in cui sono emerse prove del trasferimento diretto dalla Turchia alla Russia di beni e merci dual use che vengono impiegati nella macchina bellica di Mosca.
Flussi commerciali sospetti.
Nei primi tre mesi del 2023, riferisce ancora Ft, la Turchia avrebbe esportato verso la Russia e cinque Paesi ex sovietici sospettati di agire da intermediari 158 milioni di dollari di 45 beni che gli Usa classificano come “di alta priorità”: si tratta di tre volte il livello registrato nello stesso periodo del 2022 oltre che di molto superiore della media di 28 milioni registrata negli anni compresi tra il 2015 e il 2021.
Le 45 categorie di beni includono articoli come i microchip e le attrezzature per comunicazioni che sono soggette a controlli dell’export da parte degli Usa, dell’Ue, della Gran Bretagna e del Giappone per impedire che entrino in Russia.
Ma questi controlli possono essere aggirati da aziende che usano strutture intermediarie per nascondere la vera destinazione di quei flussi d’export.
Importazioni record dai Paesi G7.
C’è un’altra statistica sospetta secondo Ft ed è quella che vede le importazioni di beni di alta priorità della Turchia dai Paesi G7 aumentare quest’anno di ben il 60% rispetto ai periodi precedenti, raggiungendo la somma record di 500 milioni di dollari.
Esplosione dell’export turco.
Questi dati vanno letti in parallelo a quelli che mostrano l’esplosione dell’export di questi stessi beni dalla Turchia verso Paesi come l’Azerbaigian, la Georgia, il Kazakistan, il Kirghizistan e l’Uzbekistan dove le agenzie statistiche non hanno registrato un incremento equivalente delle importazioni.
Ad esempio, mentre il Kazakistan ha dichiarato importazioni dalla Turchia di questi beni tra gennaio e settembre pari a 6,1 milioni, i dati della Turchia mostrano che le esportazioni in Kazakistan erano pari a 66 milioni.
Questa discrepanza indica che i beni in partenza dalla Turchia destinati formalmente agli intermediari vengono trasportati direttamente in Russia.
Il monito del sottosegretario.
Come evidenziato dalla visita del sottosegretario Usa, adesso Washington e Bruxelles vogliono porre fine a questo giochino. Come ha dichiarato alla stampa James O’Brien, assistente Segretario di Stato Usa agli Affari Europei e Euroasiatici, “gli Usa, l’Ue, l’U.K. e i nostri partner G7 hanno chiarito che non vogliamo che i nostri partner chiave diventino posti in cui si aggirano le nostre sanzioni”.
Riferendosi ai recenti attacchi con droni condotti dalla Russia in Ucraina, O’Brien ha affermato che “il tipo di beni che supportano questi attacchi sono cose che vengono spesso importate dall’Occidente o da Paesi G7 attraverso alcuni Paesi che fungono da magazzino, e noi vorremmo por fine a tutto questo il prima possibile”.
L’ammissione del ministro turco.
Il ministro degli Esteri turco ha tuttavia dichiarato che, sebbene il Paese non osservi le sanzioni occidentali, “è parte integrante della nostra politica uno stretto monitoraggio atto ad impedire ogni tentativo di eludere le sanzioni attraverso la Turchia”.
Giurando che le aziende turche “rispettano in modo stringente” le sanzioni, il ministro ha tuttavia dovuto ammettere che “ci sono inevitabilmente tentativi di evasione da parte di entità oscure e insignificanti che o non sono al corrente delle restrizioni o sono loro indifferenti”.
Tensioni geopolitiche.
Queste tensioni arrivano in un momento particolarmente delicato delle relazioni tra Turchia e Occidente. Ankara spera ancora di ricevere dagli Usa un certo numero di jet F-16 con cui rimpiazzare l’obsoleta flotta della sua aviazione, ma l’accordo è ostacolato dalle lungaggini con cui il governo di Erdogan sta tenendo in ostaggio la procedura per l’approvazione dell’ingresso della Svezia nella Nato.
Risale peraltro alla settimana scorsa il plateale scontro tra lo stesso presidente turco e il cancelliere tedesco Scholz dopo che quest’ultimo, durante la visita del primo a Berlino, ha risposto no alla richiesta di Erdogan di acquisire un certo numero di caccia Eurofighter Typhoon.
Di Marco Orioles. (Start Magazine)