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La Resistenza in Iran: «il Paese è una polveriera pronta a esplodere»

(Roma, 20.10.2023). Shahin Gobadi all’AGI: « La repressione del regime non si è attenuata. Basta un piccolo incidente e scoppierà la rivolta »

« Oggi l’Iran è come una polveriera e il più piccolo incidente scatenerà una rivolta molto più grande per portata e ferocia rispetto a quella dello scorso anno, ma dalla quale il regime questa volta non potrà sfuggire ». A parlare con l’AGI è Shahin Gobadi, membro della commissione per gli affari esteri del Consiglio nazionale della resistenza iraniana, i cosiddetti Mujaheddin del Popolo, a margine della conferenza svoltasi ieri a Roma, in Senato, intitolata « Iran: a un anno dalla rivolta, continuano le violenze e la disinformazione da parte del regime iraniano ».

I Mujaheddin sono un gruppo controverso: considerato terrorista da Teheran, è stato nelle blacklist anche degli Stati Uniti salvo poi essere riabilitato da Washington come opposizione auspicale al regime dei mullah. I Mujaheddin sono visti con diffidenza e criticati anche dai dissidenti dentro l’Iran e gli inviti dei loro rappresentanti da parte delle istituzioni iraniane hanno già scatenato la dura condanna da parte del governo iraniano.

« Dopo una breve pausa, il regime ha nuovamente attivato la polizia morale nelle strade e ha addirittura approvato leggi draconiane sul hijab obbligatorio, con multe massicce e pene detentive obbligatorie », denuncia Gobadi, esponente di spicco della resistenza iraniana all’estero.

Gobadi ricorda che durante la rivolta del 2022 almeno 30 mila persone sono state arrestate, molte delle quali non sono state rilasciate, soprattutto quelle affiliate alle unità di resistenza dei Mujaheddin del popolo (Mek), di cui 3.600 esponenti sono finiti in manette o sono scomparsi del tutto.

Nei mesi successivi, anche se le persone non sono più scese nelle strade come prima, vari settori della società hanno continuato le loro proteste in molte città del Paese. Allo stesso tempo, le Unità della Resistenza sono state attivate anche con una serie di attività nelle città di tutto il mondo.

« La repressione non si è affatto attenuata, anzi. Si sono intensificate le esecuzioni, gli arresti di dissidenti e l’adozione di legislazioni restrittive. Nei primi otto mesi di quest’anno sotto Raisi, più di 504 persone sono state giustiziate in Iran, tra cui dissidenti curdi e beluci. Bisogna ricordare che si tratta di esecuzioni annunciate ufficialmente, il che significa che il numero reale delle vittime è molto più alto », evidenzia l’interlocutore.

Al lungo elenco di vittime del regime si aggiungono – in base al bilancio fornito da Gobadi – almeno 750 manifestanti uccisi negli scorsi mesi, tra cui 61 bambini e 70 donne, oltre a decine di migliaia di arresti.

Proprio ieri il Parlamento europeo ha assegnato il premio Sakharov 2023 al Movimento delle Donne in Iran e a Jina Mahsa Amini, la giovane curda iraniana torturata e uccisa dalla polizia di Teheran il 16 settembre 2022, accusata di violazione delle rigide leggi iraniane sul velo. La sua morte scatenò massicce proteste guidate dalle donne in Iran, durate mesi, allargandosi ad altre categorie della società e al mondo intero, con lo slogan « Donna, Vita, Libertà », contro la legge su l’hijab e altre leggi discriminatorie.

(AGI)

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