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Evgeny Prigozhin e la contro-vendetta di Putin: quale sarà ora il futuro della Russia

(Roma, 24.08.2023). Le immagini dei rottami del jet sul quale viaggiavano il leader del gruppo Wagner Evgeny Prigozhin e uno dei suoi comandanti più in vista Dmitry Utkin ricordano alla Russia e al mondo come il presidente Vladimir Putin non tolleri i traditori. Sebbene non siano ancora chiare le dinamiche che hanno portato allo schianto del velivolo, è plausibile sostenere che il Cremlino o figure ad esso legate siano implicate in quello che sembra l’ultimo di una lunga serie di regolamenti di conti.

Il tentato golpe del 23 giugno e l’umiliazione subita dallo Zar non potevano rimanere senza risposta, soprattutto perché la marcia per centinaia di chilometri dei mercenari di Prigozhin aveva mostrato per la prima volta le crepe del regime di Putin e sollevato interrogativi sulla sua capacità di sopravvivere ad un conflitto in Ucraina trasformatosi in guerra d’attrito. Se però in apparenza la morte del capo della Wagner rinsalda il fronte interno e dimostra la fine riservata ai “traditori” non è da escludere che il probabile abbattimento del velivolo possa configurarsi come un calcio all’alveare dalle imprevedibili conseguenze.

“Se la notizia della morte di Prigozhin sarà confermata, organizzeremo una seconda marcia su Mosca”. “Che sia di lezione per tutti. È necessario fare le cose sino alla fine. Lui era il politico più promettente della Russia ma si è spaventato e ha rinunciato. Così ha firmato la propria condanna a morte”. Questi sono alcuni dei messaggi comparsi sui canali Telegram usati dai “musicisti” del gruppo paramilitare che evocano la possibilità di una contro-vendetta. Anton Gerashchenko, consigliere del ministro degli interni ucraini, ha pubblicato un post su X, il social in precedenza conosciuto come Twitter, nel quale afferma che “i mercenari della Wagner si vendicheranno su Putin e sul ministro della difesa russo Sergei Shoigu per la morte del loro leader” aggiungendo che due regioni sarebbero già in stato di allerta.

Gli eventi delle ultime ore riaprono il dibattito su quanto l’Occidente debba augurarsi la fine di Putin. Nei giorni scorsi il Wall Street Journal ha pubblicato un lungo intervento sugli scenari che potrebbero verificarsi con la caduta dello zar. Lo scacchista e oppositore politico in esilio Garry Kasparov dichiara che il presidente russo “continuerà il conflitto in Ucraina sino alla fine, sino all’ultimo dollaro, sino all’ultimo soldato. Per lui, la guerra è l’unico modo per mantenere il potere”. Il quotidiano economico evidenzia però che a Washington e in altre capitali occidentali l’atteggiamento dominante nei confronti dei sommovimenti interni al regime è all’insegna della cautela. La presa del Cremlino da parte di un nazionalista russo ancora più radicale e meno prevedibile è tra gli scenari più temuti presi in considerazione. La prospettiva di un collasso della Russia e di una sua possibile divisione in stati dotati di armi nucleari toglie infatti il sonno ai policymaker di tutto il mondo.

Kevin Ryan, ex attachè a Mosca e generale della difesa americana, sottolinea come i critici di Putin interni all’establishment non invochino la pace e se dovessero ottenere il potere lo userebbero non per porre fine all’impegno militare ma per rilanciare gli sforzi bellici contro Kiev. Tesi sostenuta da Michael Kofman, esperto del think tank Carnegie Endowment, secondo cui i politici che ereditano i conflitti spesso li continuano e li rilanciano. “Il prossimo leader russo” afferma Kofman “potrebbe essere migliore ma non per l’Ucraina, nello stesso modo in cui durante la guerra fredda per gli Stati Uniti Nikita Kruscev non fu migliore di Stalin”. Invece secondo l’ex ministro della difesa ucraino Andriy Zagorodnyuk chiunque arriverà dopo lo zar “sarà più flessibile e moderato” perché gli sarà politicamente vantaggioso”. Lo stesso Prigozhin, in parte e in maniera implicita, era a sostegno di quest’ultima visione quando a giugno aveva parlato di una guerra evitabile e basata su false premesse.

Il generale supporto in Russia per l’”operazione militare speciale” sembra ancora saldo e l’unica vera minaccia per il regime russo potrebbe arrivare solo da una sconfitta sul campo come storicamente è avvenuto dopo lo scontro con il Giappone nel 1905, la Prima guerra mondiale e il fallimento dell’intervento in Afghanistan negli anni Ottanta. Lo stallo della controffensiva di Zelensky ricorda che per il momento l’aggressione contro Kiev non si è tradotta in una debacle per Putin. Le implicazioni e le conseguenze della morte di Prigozhin sul morale dei militari impegnati al fronte potrebbero però presto rivelarsi un pericoloso boomerang per il Cremlino.

Di Valerio Chiapparino. (Inside Over)

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