La guerra, poi la grazia: Mosca teme il ritorno dei galeotti della Wagner

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(Roma, 20.08.2023). Assassini, stupratori, torturatori: sono molti i delinquenti pescati dalla Wagner nelle galere russe che dopo un periodo al fronte tornano uomini liberi. E molti di loro stanno già tornando a commettere efferati delitti

I criminali pescati dal gruppo Wagner nelle prigioni russe in cambio di un’amnistia dopo un servizio bellico in Ucraina sono pronti a tornare a colpire nel Paese? Questo il timore di diversi commentatori che puntano il dito soprattutto sul record importante di reati contro le donne, in passato piaga sociale del Paese, di cui i combattenti reclutati nelle galere si sono macchiati in passato. E ora molti temono che il servizio bellico offra a criminali di vario tipo un senso di impunità dopo lo sconto delle loro pene.

Il Guardian ha raccolto diverse storie di stupratori, omicidi e rapinatori russi graziati da un servizio bellico con il gruppo Wagner che per gli ex detenuti spesso si trasforma in un’ordalia del fuoco: i militari di Evgeniy Prigozhin hanno indubbiamente sopportato una dura prova bellica a Bakhmut e dintorni e su indicazione del capo dei mercenari oggi in esilio in Bielorussia hanno concordato con il governo, qualora fossero provenienti dalle patrie galere, l’amnistia da ogni reato dopo sei mesi di servizio al fronte.

« Le ramificazioni complete della decisione di consentire a Prigozhin di costruire un esercito privato di prigionieri divennero chiare quando lanciò il suo ammutinamento abortito », scrive la prestigiosa testata britannica. Ma « oltre alle ricadute politiche, l’esperimento di Putin con Prigozhin avrà probabilmente un impatto sociale significativo sulla Russia per gli anni a venire. Ci sono state numerose segnalazioni di ex prigionieri sopravvissuti al loro periodo di Wagner e tornati a casa per causare il caos. Tra coloro che sono stati liberati ci sono molti che hanno commesso crimini violenti contro le donne ».

Il senso di impunità appare prevalente per coloro che sono tornati dal fronte. 29.ru, sito locale della regione russa di Arkhangelsk, ha riportato le parole della madre di Vyacheslav Samoilov, condannato nel 2021 per aver ucciso e fatto a pezzi una donna di 33 anni, che ritiene il figlio « purificato dinnanzi a Dio » dal semestre passato rischiando la vita al fronte nell’Ucraina orientale. Samailov è oggi a tutti gli effetti un uomo libero. Ma lo era anche Ivan Rossomakhin, tornato a marzo a Novy Burets, Rossomakhin, città a 800 km a Est da Mosca che dieci giorni dopo il suo ritorno ha accoltellato a morte un’anziana donna mentre era ubriaco.

La 19enne Tatyana Mostyko, un’intrattenitrice per bambini, è stata invece uccisa assieme al suo capo il 10 agosto vicino Krasnodar da un ex rapinatore, Demyan Kevorkyan, liberato dopo aver scontato al fronte la pena residua di 18 anni comminatagli nel 2016. Il Guardian segnala che tra i detenuti al fronte c’è anche Vladislav Kanyus, che nel 2020 torturò brutalmente e uccise l’ex fidanzata Vera Pekhteleva, la cui madre si è rivolta alla testata britannica preoccupata per il fatto che l’assassino il cui delitto ha sconvolto la Russia possa tornare un giorno un uomo libero.

Queste problematiche mostrano quanto la guerra in Ucraina possa colpire la società russa nel suo profondo. Aprendo a nuove, grandi faglie sociali grazie all’impunità dei veterani che molti ex galeotti sembrano percepire una volta tornati dal fronte. Senza neanche poter sfruttare il versante di riabilitazione offerto dal carcere, mandati a combattere in missioni gravose e rischiose come « carne da cannone » dei russi in scenari critici, uomini già macchiatisi di reati efferati rischiano di uscire ulteriormente induriti, incattiviti e sradicati dal conflitto.

Un welfare russo poco attento a tutelare il rientro in società dei veterani, a prescindere dal loro passato, fa il resto. E le storie narrate dei delitti degli ex Wagner rischiano di moltiplicarsi in futuro mano a mano che agli ex galeotti si aggiungeranno i reduci traumatizzati dal conflitto e le persone sbandate dall’esercito una volta che sarà finito il conflitto. Oggi, più che mai, simbolo della fragilità della società russa di fronte alla prova della guerra.

Di Andrea Muratore. (Il Giornale)