(Roma, Parigi, 07.08.2023). Il portavoce, Ahmed al Mismari: « Non riteniamo che la soluzione possa essere un conflitto armato »
L’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar non prevede di chiudere il confine con il Niger in questa fase, ma sta monitorando lo sviluppo degli eventi nel Paese e teme che la situazione vada fuori controllo in caso di conflitto armato. Lo ha detto il portavoce dell’Lna, Ahmed al Mismari, all’agenzia di stampa russa “Ria Novosti”. “Non possiamo chiudere i confini ora se la situazione non peggiora. Ci sono molte opzioni, attualmente stiamo monitorando la situazione”, ha detto al Mismari. “Quello che sta accadendo in Niger è una questione interna al Paese, questo è il nostro punto di vista. Temiamo però che se dovesse scoppiare un conflitto armato, soprattutto non su scala locale ma internazionale, la situazione in Niger potrebbe andare fuori controllo”, ha detto il portavoce. Al Mismari ha sottolineato che, secondo i vertici dell’Lna, un’eventuale guerra in Niger “non sarebbe affatto nell’interesse della regione”. “Questa regione è instabile, e popolazione soffre di molti problemi. Pertanto, riteniamo che la prima opzione non sia una guerra, ma una soluzione politica e negoziati”, ha affermato il portavoce dell’Lna. Vale la pena ricordare che i 342 chilometri di confine tra Libia e Nigeri sono controllati da gruppi armati – molti dei quali di composizione tribale – per la maggior parte collegati all’Lna.
Dal febbraio 2022, la Libia è sostanzialmente divisa in due coalizioni politiche e militari rivali: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalla Comunità internazionale e appoggiato soprattutto dalla Turchia, al potere in Tripolitania (ovest); dall’altra il Governo di stabilità nazionale, di fatto un esecutivo parallelo basato in Cirenaica, ormai ridotto a una scatola vuota priva di funzioni, dal momento che a comandare nell’est è soprattutto il generale Haftar. Per uscire dallo stallo politico, l’inviato dell’Onu ha lanciato, il 27 febbraio 2023, un piano per redigere gli emendamenti costituzionali e le leggi elettorali necessarie per tenere elezioni “libere, inclusive e trasparenti” entro il 2023. Tuttavia, il termine ultimo proposto da Bathily per preparare la tabella di marcia è scaduto il 15 giugno e lo stesso inviato ha detto che lo “status quo” non è più tollerabile. Eppure, nel Paese vige ancora una stabilità parziale, basata su un implicito accordo tra due potenti famiglie: i Dabaiba e gli Haftar al potere rispettivamente a Tripoli (ovest) e a Bengasi (est).