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Si incrina l’asse Erdogan-Putin, le mosse della NATO e i dubbi dei due leader

(Roma, 17.07.2023). Nella settimana appena conclusasi, Recep Erdogan ha corso una maratona senza eguali verso l’Europa e l’Occidente: il vertice di Vilnius è stato un palcoscenico unico dal quale riscrivere la storia della Turchia del futuro. Ma questo rinnovato connubio con la Nato e l’Europa potrebbe presto avere un costo: il divorzio da Vladimir Putin.

L’accordo sul grano che non c’è

La voce piccata di Mosca, infatti, non ha tardato a farsi sentire. Soltanto ieri Erdogan si mostrava soddisfatto ai giornalisti, annunciando: “Ci prepariamo ad accogliere Putin in agosto e siamo d’accordo sull’estensione del corridoio del mar Nero”. Le domande sul futuro delle esportazioni del grano, infatti, iniziano a farsi pressanti, essendo il precedente accordo prossimo alla scadenza (17 luglio). Ma quello che negli scorsi mesi è stato il trionfo diplomatico del presidente turco ora appare sgretolarsi di fronte alla risposta del Cremlino: “Non abbiamo rilasciato alcuna dichiarazione su questo punto”, fa sapere l’irreprensibile Dmitri Peskov. Ed è proprio su questo punto che Putin promette vendetta: in un colloquio con il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, ha ribadito che “gli impegni per rimuovere gli ostacoli alle esportazioni alimentari russe [fertilizzanti compresi, N.d.R] non sono ancora stati rispettati”, venendo meno ai dettami del memorandum Russia-Onu che per un anno ha viaggiato assieme al pacchetto Istanbul. Putin, infatti, fa riferimento non solo alle esportazioni alimentari ma soprattutto a quelle di fertilizzanti: la questione è legata all’oleodotto dell’ammoniaca Togliatti-Odessa, fatto saltare il 5 giugno, del quale non si conosce ancora lo stato, secondo Ria Novosti.

Pertanto, lapidario, ha concluso che non solo la Russia starebbe subendo l’accordo mancato ma che lo scopo del pacchetto Istanbul, ovvero quello di fornire risorse alimentari ai Paesi più bisognosi, “non è stato raggiunto”. E la querelle non sembra finire qui, poichè anche Volodymyr Zelensky ha avuto un importante colloquio telefonico con il presidente del Sudafrica: “Ho avuto una telefonata con il Presidente della Repubblica del Sud Africa Cyril Ramaphosa. L’ho ringraziato per aver visitato Bucha e Kiev insieme ad altri leader africani e per gli ulteriori sforzi per restituire i bambini deportati illegalmente dalla Russia. Abbiamo elogiato i risultati della riunione dei consulenti a Copenaghen. Abbiamo discusso dei preparativi per il Global Peace Summit e dei passi diplomatici necessari per consolidare il sostegno africano all’Ucraina. Abbiamo anche sottolineato l’importanza di estendere il corridoio del grano. Ho invitato il Sudafrica ad aderire all’iniziativa Grain From Ukraine”. Quanto basta per disturbare l’entente cordiale tra Mosca e uno fra i più importanti Brics.

Putin ha ancora bisogno di Erdogan

Possono essere queste tensioni, dunque, segno di un allentamento tra i due friends-not allies? Indubbiamente, il più debole fra i due ora sembra Putin: chiudere le porte a Erdogan significherebbe privarsi di uno dei due ponti (dopo la Cina) che lo tengono ancora legato, a suo modo, all’Europa e ai Paesi occidentali. Da parte turca, del resto, i messaggi più che subliminali delle ultime settimane sono stati molto chiari: dapprima la liberazione dei leader di Azov, poi l’avallo all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Due questioni non solo politiche, ma esistenziali, sulle quali Putin ha costruito l’intera narrazione dell’invasione: da un lato, la “denazificazione”, dall’altro, la minaccia Nato sulla soglia di casa.

Una doppia umiliazione che arriva a pochi giorni dal tentato golpe a opera di Evgeny Prigozhin: questo aspetto potrebbe contribuire a indebolire ulteriormente il regno di Putin, essendo percepito dal partito della guerra come segno della definitiva perdita di postura internazionale anche con gli Stati “amici”. Le prossime ore saranno cruciali da questo punto di vista, anche alla luce della comprensione del futuro di questo rapporto: sebbene Ankara sia un hub fondamentale per Mosca (è un rifugio per i suoi oligarchi, un futuribile hub del gas ecc. ecc.), Erdogan non ha necessariamente bisogno di Putin per garantire le esportazioni del grano dall’Ucraina, e questo per due ragioni: qualora Mosca non rinnovi l’accordo, non è detto che imponga il blocco o impedisca la formazione di altri trattati a proposito (soprattutto in tempi duri in casa); Ankara, inoltre, potrebbe scegliere di farsi unica garante sul Mar Nero del “corridoio verde”: di fronte a quest’ultima ipotesi, difficilmente Mosca ricorrerebbe a soluzioni estreme.

Vi è poi un ulteriore aspetto, poco scandagliato negli ultimi giorni. Il placet di Erdogan all’ingresso della Svezia della Nato, a fronte del sostegno per avere Ankara nell’Unione Europea, non è una promessa equilibrata: del resto, la Svezia non possiede una moral suasion tale da mutare il destino del prossimo allargamento Ue. Tantomeno esiste alcuna garanzia che il Paese scandinavo adotti la politica antiterrorismo desiderata da Erdogan per combattere il Pkk e i suoi tentacoli all’estero. Se, dunque, l’ingresso di Stoccolma nel Patto Atlantico sarà un processo abbastanza rapido, lo stesso non può dirsi per la Turchia nell’Unione. Perfino il Cremlino, con dichiarazioni a veleno delle grandi occasioni, ha sottolineato che Ankara non dovrebbe farsi illusioni. Gli intenti, per ora, sono andati poco oltre il “rispolverare” cordiali relazioni tra Erdogan e i Paesi europei, incancrenite da anni di difficoltà e rapporti al vetriolo. La mossa di Erdogan, dunque, potrebbe essere anche una scelta pubblica che sottintende la volontà di allontanarsi con urgenza da una relazione pericolosa con la Russia ora che Putin pare alla canna del gas.

Siamo, dunque, al divorzio? Difficile prevederlo. Per il Cremlino le relazioni con la Turchia ora sono “moneta geopolitica” come sottolinea il Washington Post. Lo dimostra il fatto che le critiche del Cremlino sono state amare ma caute, mentre i nazionalisti della linea dura sarebbero già pronti alla messa al bando di Erdogan. Nel frattempo, un nuovo giallo si profila all’orizzonte per questo legame d’argilla: la visita di Putin in Turchia si allontana ogni giorno di più, fra rumors, annunci e relative smentite.

Di Francesca Salvatore. (Il Giornale/Inside Over)

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