La fine della neutralità: perché l’Irlanda si riarma

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(Roma, 16.07.2023). Sin dalla sua fondazione la repubblica d’Irlanda ritiene la neutralità e il non allineamento due dogmi intoccabili e irrinunciabili e poco, o quasi nulla, considera il comparto Difesa. I fondi sono minimi, le forze armate contano soltanto ottomila effettivi di terra con una Marina più che striminzita, assolutamente impossibilitata a controllare efficacemente gli spazi marittimi, e nessuna aeronautica (i cieli sono affidati alle cure della Royal Air Force britannica). Su queste coordinate l’Irlanda si limita a fornire all’Ucraina solo forniture mediche e mantiene in vigore la legge che impone, prima di dispiegare più di 12 soldati all’estero — dalla crisi del Congo nel 1960 ad oggi l’Irlanda partecipa talvolta con piccoli contingenti alle missioni di pace internazionali —, il laborioso meccanismo della “triplice serratura”, ovvero l’accordo del Consiglio di sicurezza dell’Onu, del governo e del Dail (il Parlamento). Insomma, meno si parla (e si spende) per armi e armigeri, meglio è…

Desta perciò sorpresa (mista a preoccupazione) la svolta del governo in materia di difesa e politica estera. Il gabinetto di coalizione — centrodestra, liberali e verdi — guidato da Leo Varadkar lo scorso anno ha varato un piano d’ammodernamento delle forze armate con un investimento pluriennale di 1,5 miliardi di euro, un aumento assolutamente inedito per l’Irlanda, e nel settembre per la prima volta alcuni ufficiali hanno partecipato in veste d’osservatori ad un’esercitazione della Nato in Portogallo. A giugno di quest’anno Varadkar e il ministro degli Esteri Micheàl Martin hanno poi indetto il “Forum consultivo sulla politica di sicurezza internazionale”, un colloquio pubblico su tre giornate per identificare, come ha annunciato Martin, un nuovo profilo “per salvaguardare la nostra sicurezza e la nostra resilienza” e “consentire una discussione sulla politica di neutralità militare dell’Irlanda”.

Una dichiarazione che a molti è sembrato preludere a un percorso simile a quello svedese e finlandese e che ha subito innescato un forte dibattito scatenando forti reazioni. Il primo a scendere in campo è stato il presidente della Repubblica, il molto popolare Michael Higgins. In un’intervista al quotidiano Business Post, la massima carica dello Stato ha denunciato “una deriva dell’Irlanda verso la Nato che porterebbe ad una nostra subalternità ad altri Paesi”, con un aperto rimprovero al collega francese Macron che “vorrebbe trasformare l’Europa in un pilastro dell’Alleanza atlantica. Ma a nome di chi parla ?”.

Sulla stessa linea anche i vertici del Sinn Fein, lo storico partito indipendentista (attualmente prima forza nei sondaggi). L’influente deputato Daithi Doolan ha accusato il governo d’avere “un’agenda nascosta” in politica estera e d’usare “i forum per contrabbandare l’idea di un consenso verso l’abbandono della nostra neutralità”. Ancora più dura Bernadette Devlin, l’icona del movimento repubblicano: “l’unica guerra che abbiamo fatto è quella contro gli inglesi per la nostra libertà. Siamo pronti ad un referendum per difendere la nostra neutralità”.

Una proposta che trova largo ascolto nell’opinione pubblica, al 61% favorevole all’attuale status, e che imbarazza assai il governo. Tra un anno si vota e nessuno, tanto meno Varadkar, ha interesse ad aprire uno scontro politico su un tema così lancinante. Non a caso il primo ministro ha iniziato a smentire qualsiasi ipotesi di adesione alla Nato, derubricando il problema ad un semplice “aggiornamento delle nostre capacità difensive”. Resta il fatto che la piccola Irlanda (5 milioni d’abitanti in tutto…) è oggi esposta a continui attacchi hacker, l’ultimo in ordine di tempo ha paralizzato il servizio sanitario, con gravi minacce sulla sicurezza dei tanti collegamenti internet che dall’isola verde s’inoltrano sotto l’Atlantico dall’Europa verso l’America e viceversa. In più dall’anno scorso nelle acque irlandesi di navi russe sospette si è fatta più frequente. Ogni volta Dublino ha protestato con veemenza ma con scarsi risultati. Il ruggito del topo non spaventa di certo l’orso di Mosca.

Di Marco Valle. (Inside Over)