(Roma, 08.07.2023). Nelle ultime settimane le nostre analisi politiche riguardanti l’Africa si sono comprensibilmente concentrate sulla Tunisia. Da quel paese proviene infatti il crescente flusso di immigrati che è stato al centro degli approfondimenti e dei dibattiti della politica italiana. È tuttavia non solo utile, ma necessario, seguire con attenzione gli eventi degli altri quadranti africani, che tanto incidono e ancora più incideranno sul nostro futuro, o direttamente o attraverso la Tunisia.
Partiamo dalla Libia dove, anche se oggi non vi è guerra aperta, il Paese rimane diviso, in una situazione di crescente difficoltà. L’Est è governato con debolezza dal generale Haftar, che pretende di esercitare un potere autonomo, ma è sotto stretto controllo delle milizie russe di Wagner. All’Ovest, invece, sono i turchi a presidiare il territorio con le loro truppe, i loro droni e una crescente e quasi inarrestabile penetrazione economica. Al primo Ministro Dbeibeh resta solo il compito di esercitare un ruolo formale perché ormai Tripoli è sotto completo controllo turco. Dato il cattivo rapporto fra i due governi libici, non si parla di possibili accordi sulla data delle elezioni più volte promesse, mentre il livello di corruzione continua a crescere e la guerra civile può riprendere in ogni momento. L’unico punto di convergenza fra i due governi è l’accordo sulla spartizione dei ricavi petroliferi e degli altri introiti più o meno leciti, mentre il Paese soffre per l’inflazione galoppante, l’indebolimento progressivo dei servizi essenziali e il deterioramento della vita quotidiana.
Riguardo alle evoluzioni future, la recente vittoria elettorale di Erdogan è garanzia di un ulteriore aumento della presenza turca, ma ben poco sembra cambiare anche nella Cirenaica dove, nonostante le tensioni fra Prigozhin e Putin, la Russia continuerà nello sforzo di accrescere la sua influenza nella politica africana. Le truppe di Wagner saranno seguite più direttamente da Mosca e diventeranno semplicemente una specie di Legione Straniera russa e, proprio per questo, non rinunceranno a un metro del terreno conquistato.
Un terreno immenso, la cui occupazione ha richiesto un impegno finanziario e militare estremamente limitato rispetto ai grandi risultati ottenuti.
Il primo Paese su cui ragionare è il Mali, dove poco più di un migliaio di miliziani di Prigozhin è stato in grado di rovesciare il governo sostenuto dalla Francia, in un ambiente in cui tutto era francese, dalla Pubblica Amministrazione alle Università, dalle imprese all’esercito. Lasciando stare i dettagli, dei quali hanno ampiamente parlato le cronache, non possiamo non mettere in rilievo che, se non vi fosse stata un’accurata preparazione politica da parte russa, un pugno di mercenari non avrebbe potuto provocare il ritro delle truppe francesi, prendendo così possesso di un Paese che, pur avendo solo poco più di venti milioni di abitanti, è grande quattro volte l’Italia. A questo si aggiunge che il nuovo governo ha, nei giorni scorsi, cacciato dal territorio nazionale anche la missione dell’Onu (chiamata Minusma) che da molti anni agiva in Mali per proteggere i cittadini dal terrorismo islamico e per prestare soccorso ai rifugiati, che ora saranno ancora più spinti a cercare una via di salvezza nell’emigrazione.
Decisiva è inoltre la presenza di Wagner in Burkina Faso, Paese conteso con i terroristi Jiadisti, mentre già dominante nella Repubblica Centroafricana è il ruolo della Wagner, oggi protagonista di primo piano anche nelle lotte politiche che stanno in questi giorni insanguinando il Sudan.
La penetrazione russa, per i modi in cui avviene e per le caratteristiche della stessa Russia, non si accompagna alla presenza economica capillare che caratterizza la strategia turca o cinese. Essa si concentra prevalentemente sul possesso di alcune risorse strategiche come le miniere d’oro, di diamanti o di uranio, ma il pugno di ferro politico e militare sui Paesi controllati è fortissimo e non tenderà certo ad allentarsi in futuro, almeno per volontà russa.
In assenza dell’Europa, la “legione straniera russa” cercherà quindi non solo di mantenere le proprie posizioni, ma di rafforzarle con l’aiuto della madrepatria che, nonostante i drammi ucraini, non rinuncerà certo a una tanto importante presenza politica conquistata con così modesto impiego di mezzi e di uomini. Presenza che si aggiunge ai tradizionali legami politici che la Russia ha con tanti altri Paesi africani, dall’Algeria, per comprendere la Repubblica Democratica del Congo, Mozambico, Angola, fino allo stesso Sud Africa. In questo quadro rimangono naturalmente molte incognite, a cominciare dai comportamenti dei terroristi della Jihad che, nelle recenti settimane, sono arrivati a compiere incursioni anche oltre i confini della Costa d’Avorio, così cara al cuore della Francia. Resta infine il punto interrogativo più rilevante, che riguarda i futuri rapporti tra la presenza militare russa e la Cina, che controlla tanta parte dell’economia dei Paesi nei quali agiscono i russi. Si tratta quindi di una situazione piena di incertezze ed in profonda evoluzione, della quale siamo da tempo spettatori. Oggi siamo solo in grado di subirne le conseguenze.
Di Romano Prodi. (Il Mattino)