(Roma, 30.06.2023). Putin esce indebolito dalla marcia su Mosca della Wagner, se è stato costretto a scendere a patti col “traditore” Prigozhin
La marcia su Mosca s’è interrotta a 200 km dal traguardo, il possibile colpo di Stato è svanito prima ancora di essere tentato e nella temuta guerra civile non s’è sparato neppure un colpo di pistola.
Il giorno dopo, risultano chiari almeno i fatti di una resa dei conti tutta russa all’insegna di minacce e grandi misteri.
LA MARCIA SU MOSCA È IL PRIMO SEGNALE DELLA CRISI DI PUTIN
Sorprendente messinscena che ha fatto tremare il mondo per le sue imprevedibili conseguenze? Oppure la rivolta di Prigozhin, l’ormai celebre capo della Wagner, è stato il primo segnale di crisi del regime di Putin, l’aggressore che da un anno e quattro mesi s’è impantanato in Ucraina in una guerra nefasta per la ricca oligarchia della Russia e dei suoi uomini d’affari, dolorosa per troppe famiglie di giovani caduti e negativa per le ripercussioni su un’economia sempre più isolata dall’Occidente?
Né il destino di Prigozhin (fuggito o esiliato con un accordo in Bielorussia? Comunque a lungo scomparso dai radar) o i 43 milioni di euro trovati in contanti “per pagare i miliziani” in un suo ufficio-rifugio di San Pietroburgo, aiutano a decifrare l’enigma moscovita.
Tuttavia, quanto accaduto offre una certezza: Putin ne esce indebolito, se è stato costretto, come pare, a scendere a patti col “traditore da punire”, come pur diceva del ribelle in tv prima di sparire a sua volta.
E poi nelle ore della rivolta non un solo soldato dell’esercito regolare è intervenuto contro la compagnia di mercenari, che è partita per Mosca, al contrario, acclamata. Non un politico o militare del regime ha profferito parola, e il sindaco della capitale ha sospeso ogni attività di lavoro.
PUTIN È SOLO ?
Troppi, dunque, sono rimasti alla finestra. Ma se questo approccio è corretto nel caso dell’Europa e dell’Italia (“non interveniamo e non interferiamo: è un problema interno alla Russia”, ha ripetuto il ministro degli Esteri, Tajani), l’atteggiamento è invece significativo nel Paese dello scontro: l’“uomo forte” Putin s’è rivelato un uomo solo. Zar delegittimato anche dalle dure accuse di Prigozhin ai vertici della Difesa e dalle contestate e perciò sconfessate ragioni dell’“operazione militare”.
L’altro effetto della sfida si ripercuote sull’esercito ucraino, che ora può provare a riprendersi i territori – i suoi territori – abbandonati dalla Wagner in marcia su Mosca. Per Kiev e per l’Ue liberare la Patria dall’invasore russo è il presupposto necessario per poter arrivare alla “pace giusta”.
Di Federico Guiglia. (Start Magazine)