L’allarme choc all’UE: «mine russe sulle vostre spiagge»

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(Roma, 20.06.2023). Il ministro dell’Ambiente di Kiev avverte l’Europa sulle conseguenze dell’esplosione della diga di Nova Kakhovka. Le mine anti uomo inesplose trasportate dalle correnti marine potrebbero finire sulle coste di altri Paesi europei

La scena che si presenta è la seguente: un turista sulla spiaggia di Costanza, in Romania, è in piedi sulla battigia e vede una mina trascinata a riva. Quella mina non viene da lontano: piazzata dall’esercito russo nel labirinto di fortificazioni costruite nell’Ucraina meridionale, ha attraversato il Mar Nero e ha raggiunto le sponde rumene – e dunque dell’Unione europea – grazie alle correnti marine. Non si tratta di allarmismo, ma è lo scenario paventato da Ruslan Strilets, il ministro dell’Ambiente ucraino intervenuto oggi in video-collegamento a una riunione dei ministri dell’Ambiente dell’Unione europea. Strilets ha avvertito i suoi omologhi europei sulle ripercussioni dell’esplosione della diga di Nova Kakhovka, avvenuta lo scorso 6 giugno nella regione di Kherson occupata dai russi.

Pericolo mine in Europa ?

« La distruzione della diga di Kakhovka ha causato danni per 1,2 miliardi di euro, l’Europa troverà sulle sue spiagge le mine russe trascinate dalle acque dell’inondazione », ha detto l’esponente del governo di Kiev. Una minaccia o un’ipotesi realistica? Nei giorni successivi al terribile incidente, la cui responsabilità è stata attribuita sin dalle prime ore a Mosca e su cui si stanno raccogliendo prove che adesso inchioderebbero il Cremlino, le immagini rilanciate sui social e sui giornali hanno mostrato effettivamente le conseguenze tragiche di questo disastro ambientale: cadaveri di soldati russi alla deriva, animali impauriti e mine terrestri trasportate dall’acqua a km di distanza dalla loro posizione originale prima di esplodere.

Il ministro Strilets ha tracciato un mesto bilancio che si aggiunge al quotidiano bollettino di guerra diffuso dalle forze armate di Kiev: « Ci sono cose che non potremo mai ripristinare: gli ecosistemi spazzati via nel Mar Nero, 20mila animali probabilmente morti, comprese specie endemiche che si trovavano solo in Ucraina meridionale ». Numeri oltremodo preoccupanti, reiterati dal capo dell’ufficio presidenziale Andriy Yermak, il quale ha confermato che 150 tonnellate di inquinanti petroliferi si stanno espandendo intorno al fiume Dnipro e potrebbero giungere fino al Mar Mediterraneo. Yermak ha riferito inoltre di circa 95mila tonnellate di pesci morti e carcasse di delfini spiaggiate in Bulgaria e Turchia.

I fondali ucraini brulicano di mine antiuomo inesplose, soprattutto a Odessa, dove non è mai finito il lunghissimo e complesso sminamento che sta consentendo alle navi di salpare con a bordo il grano diventato nel frattempo oggetto di negoziato tra Russia e Ucraina. L’accordo entrato in vigore l’1 agosto 2022 ha validità fino al prossimo 18 luglio.

Le conseguenze dell’esplosione della diga ucraina

La conta dei danni è iniziata soltanto adesso perché dal giorno in cui la diga e la centrale idroelettrica sono state distrutte le autorità di Kiev hanno dovuto rispondere a una duplice emergenza: l’evacuazione e lo scarso approvviggionamento idrico. La prima in particolare potrebbe aver rallentato le operazioni militari in corso nel resto del Paese, obbligando presidente ed esercito a mobilitare le riserve per aiutare la popolazione.

Il piano strategico della controffensiva in corso potrebbe persino essere stato turbato da quello che il governo ucraino ha chiamato ecocidio, cioè un crimine perpetrato con la consapevolezza di eliminare l’umanità e gli ecosistemi circostanti: secondo più voci di analisti militari citati dai più importanti quotidiani internazionali, le mire dell’Ucraina di riconquistare già quest’estate i territori oltre il Dnipro potrebbero essere state messe a repentaglio dall’esplosione dell’impianto di Nova Kakhovka. Costringendo, perciò, l’armata di Zelensky a ripiegare su altri fronti.

La seconda emergenza invece aggrava quella che continua purtroppo a essere la peggiore crisi umanitaria in Europa dalla Seconda guerra mondiale, esacerbata da un imponente flusso migratorio. Il ministero della Salute di Kiev ha imposto il divieto di balneazione e di pesca nelle acque di Odessa, Mykolaiv e Kherson. Il capo dipartimento dell’Accademia ucraina di costruzioni, Ivan Perehinets, è convinto che serviranno più o meno 70 miliardi di euro per ricostruire le abitazioni e le infrastrutture abbattute dall’inondazione: un’ingente somma di denaro che potrà essere garantita dagli aiuti che l’Ucraina continua a ricevere dall’Occidente ma non solo. Senza dimenticare, infine, il fattore tempo: l’esperto crede che una riedificazione totale potrebbe richiedere dai 5 ai 10 anni.

Di Gianluca Lo Nostro. (Il Giornale)