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Ai tank mancano pezzi: perché la Russia ricompra le armi vendute all’estero

(Roma, 07.06.2023). Un’inchiesta di Nikkei Asia ha dimostrato uno strano traffico di componenti di armamenti che la Federazione russa ha esportato nel corso degli anni: negli ultimi dieci mesi, infatti, alcuni parti per tank – ma non solo – sono tornati in Russia dal Myanmar e dall’India.

L’indagine ha controllato e analizzato i registri di sdoganamento riguardanti le spedizioni in Russia resi disponibili da ImportGenius, Exim Trade Data of India e altre fonti.

Da quanto emerso la Uralvagonzavod, azienda che produce carri armati per l’esercito russo, ha importato attrezzature militari dal Myanmar per un valore di 24 milioni di dollari a dicembre 2022, e tali componenti sono stati registrati come fabbricati dalla stessa Uralvagonzavod. Secondo i codici di spedizione, le parti reimportate sono 6775 iposcopi e 200 telecamere che si utilizzano sui carri armati russi.

Si tratterebbe di dispositivi ottici per misurare la distanza degli obiettivi, quindi i telemetri elettro-ottici comunemente usati sui tank. La nota di accompagnamento della spedizione riferisce trattarsi di materiale difettoso in garanzia, che necessita di riparazione, ma la quantità e soprattutto la prassi che vuole che il pezzo difettoso venga rispedito al mittente immediatamente dopo la consegna a seguito dell’ispezione di routine regolarmente svolta, lascia aperta a possibilità che si tratti di elementi funzionanti che sono stati riacquistati da Mosca.

La Russia ha molti vecchi carri tipo T-72 in deposito che necessitano di ammodernamento e potrebbero essere inviati in prima linea in seguito, e le ottiche di puntamento sono un grosso problema per il complesso militare-industriale russo, in quanto già negli anni passati la stessa Uralvagonzavod si era affidata all’estero per avere materiale moderno.

Sappiamo infatti che nel 2007 la francese Thales aveva annunciato la stipula di un contratto con l’azienda statale russa Rosoboronexport per circa 100 termocamere Catherine FC, per equipaggiare i carri armati T-90 dell’esercito russo. Allora la ditta riferiva che “questo contratto rafforza ulteriormente la posizione di Thales come partner dell’industria russa nel campo dell’optronica della difesa per le forze terrestri, una posizione raggiunta dopo molti anni di cooperazione sui contratti di esportazione. Segna inoltre un decisivo passo in avanti nell’impegno di Thales di estendere la propria posizione nel mercato della difesa russo”.

In effetti il Catherine FC, facente parte del sistema di puntamento Sosna U, è montato anche sul carro T-72B3 che ha cominciato a essere consegnato all’esercito russo a fine 2020. Da quando è sottoposta a embargo, la Russia ha incontrato difficoltà nella fabbricazione di carri armati tanto che alcuni ordini internazionali sono a rischio, e in particolare è stato notato che gli ultimi T-72B3, invece ci montare i sistemi optronici già citati, sono dotati del vecchio 1PN96MT-02. Mosca ha cercato di sostituire i Sosna U con un sistema interamente fabbricato internamente: il PNM-T che è stato introdotto tra il 2018 e il 2019 e sappiamo che è stato montato sui moderni T-90M, ma comunque per quanto riguarda i carri più vecchi l’industria locale è in evidenti difficoltà in questo settore.

Pertanto è plausibile che stiano cercando di ottenere ottiche in questo modo particolare per riattivare vecchi carri armati o semplicemente per riparare i danni di guerra.

Non solo sistemi per carri vengono reimportati, come accennato. Dall’inchiesta risulta che anche la russa NPK KBM (Machine-Building Design Bureau), che ha il compito di produrre missili, ha acquistato un totale di sei componenti per il visore notturno di missili terra-aria per un valore di 150mila dollari dal Ministero della Difesa indiano ad agosto e a novembre del 2022. Si tratta di tutte le parti necessarie per garantire che i missili possano funzionare di notte e in condizioni di scarsa illuminazione, e che la Russia ha esportato in India nel febbraio 2013. In questo caso, dato il numero esiguo di componenti, è possibile che esse siano state reimportate per riparazioni, ma alla fine di marzo di quest’anno, riferisce ancora Nikkei, non c’erano registrazioni di articoli rispediti in India.

La Russia è il terzo esportatore mondiale di armi, e l’India è il suo principale cliente rappresentando da sola il 35% delle spedizioni di armi all’estero. A seguire troviamo la Cina, col 15% e l’Algeria al 10%, che recentemente ha infatti piazzato il più grosso ordine singolo per armamenti di fabbricazione russa della sua storia.

Possiamo quindi affermare con un certo grado di certezza che questi traffici di armamenti russi che dall’India e dal Myanmar tornano “in patria” sono funzionali alla rimessa in condizioni di utilizzo di sistemi d’arma più vecchi presenti negli arsenali di Mosca per inviarli sui campi di battaglia ucraini.

Guardando ai mesi delle prime spedizioni, ovvero tra agosto e dicembre dello scorso anno, possiamo affermare due cose: la prima è che molto probabilmente i carri armati rimessi in condizione si vedranno presto nel conflitto, se non sono già presenti, la seconda è la conferma delle difficoltà dell’industria ad alta tecnologia russa che era legata a quella occidentale. Una difficoltà palesatasi dopo appena sei mesi di conflitto determinata sia dall’embargo a cui è sottoposta, sia dal consumo delle risorse dovuto alla guerra stessa.

A livello generale, invece, quanto scoperto da Nikkei dimostra anche come la Russia sia riuscita in qualche modo ad aggirare l’embargo occidentale – in questo caso però andando a intaccare il suo prestigio e le sue finanze – esattamente come avviene per altre componenti ad alta tecnologia – come i microchip ad alte prestazioni fondamentali per i sistemi d’arma di precisione – che Mosca riesce a procurarsi tramite Paesi terzi non soggetti a limitazioni, che a loro volta li acquistano dagli unici produttori esistenti al mondo in questo momento: Taiwan e Corea del Sud. Invece, dal punto di vista diplomatico, il fatto che Paesi non allineati come l’India o l’Algeria siano fortemente dipendenti da Mosca per i loro armamenti, li pone al di fuori dell’ambito cooperativo per quanto riguarda le sanzioni economiche e commerciali alla Russia.

Di Paolo Mauri. (Inside Over)

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