Ucraina: cosa cambia con la caduta di Bakhmut. Zelensky spera negli F-16

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(Roma, 21.05.2023). La caduta di Bakhmut e il sempre più probabile invio degli F-16 occidentali a Kiev sono le due notizie principali della giornata sul fronte della guerra in Ucraina. Sul campo, appunto, sono stati il presidente Volodymyr Zelensky ed i suoi vertici militari ad ammettere che il centro della città del Donbass, 77 mila abitanti prima del conflitto, è ormai interamente occupato dai russi. Un riconoscimento esplicito delle difficoltà incontrate e allo stesso tempo una smentita palese dei comunicati trasmessi nell’ultima settimana da Kiev, che aveva annunciato la riconquista di 16 chilometri quadrati attorno al capoluogo. Tutto falso, evidentemente, considerando le parole chiarissime del comandante delle truppe terrestri, Oleksandr Syrsky, secondo il quale l’Ucraina controlla ancora solo una porzione «insignificante» di Bakhmut.

Ma in un conflitto che in questi quindici mesi ci ha abituato a colpi di scena improvvisi la conquista della città da parte del gruppo Wagner, solo in parte con la collaborazione dell’esercito di Mosca, potrebbe non essere definitiva. Le forze di Kiev, infatti, pur avendo abbandonato interamente il cuore del capoluogo starebbero avanzando ai lati e non è escluso che gli occupanti possano finire in un cul de sac, circondati da tutti i lati.

Questo almeno è l’auspicio ucraino, mentre Vladimir Putin, dal Cremlino, si è complimentato con i paramilitari della «Wagner, così come con tutte le unità delle forze armate russe, che hanno fornito loro il supporto necessario e la copertura del fianco, per il completamento dell’operazione per liberare Artyomovsk (il nome « sovietico » della città, ndr)». Se lo zar ha ringraziato sia l’esercito che il gruppo privato, il successo di queste ore non ha invece smussato la posizione di Evgenij Prigozhin, il fondatore della Wagner: «Durante la battaglia per Bakhmut, praticamente nessuno dell’esercito ci ha aiutato». La polemica con il ministro della Difesa di Mosca, Sergey Shoigu, continua.

(Il Tempo)