Attacchi e rappresaglie. Israele colpisce la Jihad Islamica

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(Roma, 11.05.2023). L’operazione “Scudo e Freccia“, lanciata dal governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu nei giorni scorsi, ha oramai assunto l’aspetto di un’azione chirurgicamente guidata contro la Jihad Islamica. Anche gli ultimi raid hanno preso di mira unicamente leader del movimento palestinese, inserito nell’elenco delle organizzazioni terroristiche dalle autorità dello Stato ebraico. La scorsa notte a rimanere ucciso è stato Ali Ghali. Colui che, secondo i servizi di sicurezza israeliani, all’interno della Jihad Islamica aveva il compito di coordinare i lanci di razzi da Gaza verso Israele. Lanci che però non si sono fermati: anche nelle ultime ore le sirene di emergenze sono state fatte risuonare in molte aree meridionali del Paese.

La scintilla che ha fatto scoppiare le attuali tensioni

Ali Ghali è solo l’ultimo dei capi della Jihad Islamica a rimanere ucciso nell’operazione Scudo e Freccia. Lo scorso 9 maggio, un raid su Gaza ha portato alla morte di almeno tre comandanti del movimento palestinese. L’episodio che ha fatto esplodere le tensioni tra l’organizzazione islamista palestinese e le forze israeliane, ha riguardato la morte in carcere di Khader Adnan. Detenuto da diversi anni in Israele, Adnan è deceduto il 2 maggio dopo un lungo sciopero della fame. Considerava ingiusta la detenzione perché, come raccontato dalla moglie ai media arabi, il suo nome non era mai stato coinvolto in processi riguardanti attentati terroristici. Tanto è vero che alcune organizzazioni internazionali, tra le quali Amnesty Internazional, hanno espresso perplessità sul caso. Adnan ha pagato però il fatto di essere ritenuto tra i principali sostenitori politici della Jihad Islamica. Un ideologo che, con il suo pensiero, avrebbe dato un contribuito importante all’organizzazione.

Alla notizia della sua morte, i capi della Jihad Islamica hanno promesso vendetta. E non sono passati molti giorni dal lancio del primo razzo da Gaza su Israele. Da qui poi, la controrisposta da parte del governo israeliano con l’operazione Scudo e Freccia.

Jihad Islamica nel mirino

L’azione militare, a detta del premier Netanyahu, è destinata ad andare avanti. E dovrebbe riguardare unicamente le cellule della Jihad Islamica. Appare infatti defilata la posizione di Hamas, il movimento che detiene il controllo della Striscia di Gaza. Hamas e Jihad Islamica, anche se considerati entrambi come gruppi terroristici da Israele (e non solo), costituiscono due fazioni differenti. La prima è più attiva a livello politico. È contraria al riconoscimento dello Stato ebraico, risulta organica alla galassia dei Fratelli Musulmani ed è molto radicata nella Striscia di Gaza. Qui nel 2007 ha sconfitto, al termine di un breve ma sanguinoso conflitto civile, le milizie legate ad Al Fatah, il partito guida dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). La Jihad Islamica, al contrario, non ha lo stesso peso politico e non ha la stessa presa sulla popolazione. Fondata negli anni Ottanta da Fathi Shaqaqi, considerato tra gli ideatori degli attacchi suicidi, l’organizzazione è sempre stata attiva soprattutto sul fronte militare e terroristico.

Spesso Hamas e Jihad Islamica hanno unito le forze. Ma per il momento sembrano viaggiare su due binari paralleli. Probabile, sussurrano molti analisti, che non sia nell’interesse di Hamas essere coinvolta nelle attuali tensioni. Sul Times of Israel, l’ammiraglio Daniel Hagari ha dichiarato esplicitamente che le attuali operazioni non dovrebbero coinvolgere Hamas. Il vero obiettivo è la Jihad Islamica. Il perché è da ricercare nelle tensioni nate nei mesi scorsi in Cisgiordania. Il 26 gennaio, membri della polizia militare israeliana hanno fatto irruzione all’interno del campo profughi di Jenin. L’obiettivo era l’arresto di tre membri della Jihad Islamica, ma l’azione si è trasformata in una vera e propria guerra urbana che ha portato alla morte di dieci persone. Il giorno dopo, non si è fatta attendere la vendetta: un ragazzo palestinese ha ucciso 9 civili israeliani in un quartiere di Gerusalemme.

Le tensioni sono poi andate avanti nei mesi successivi. Altri membri della Jihad sono finiti nel mirino, alcuni di loro sono stati accusati dalle forze israeliane di aver provocato gli scontri che il 5 aprile scorso sono culminati con l’irruzione della polizia nella moschea di Al Aqsa, una delle più sacre di Gerusalemme. La morte di Adnan ha fatto da detonatore: la Jihad Islamica ha ripreso a lanciare razzi e Israele ha risposto con l’operazione ancora in corso.

Continuano i lanci di razzi

Nonostante l’uccisione di diversi leader dell’organizzazione islamista, i lanci di missili da Gaza sono continuati anche nelle ultime ore. Funzionari del Consiglio regionale di Eshkol, hanno riferito ai media locali l’arrivo di almeno dieci colpi di mortaio dalla Striscia.

Difficile la strada verso un cessate il fuoco. Il Cairo sta provando a lanciare una mediazione, ma gli spazi sono stretti. Muhammad al-Hindi, membro del comitato politico della Jihad Islamica, ha dichiarato all’agenzia palestinese Maan che una tregua potrebbe esserci solo se Israele evita di lanciare altri raid contro i leader del movimento. Ma dallo Stato ebraico ribattono, affermando che l’operazione terminerà unicamente se sarà la Jihad Islamica a interrompere il lancio di razzi.

Di Mauro Indelicato. (Inside Over)