(Roma, 30.04.2023). Si sono intensificati i combattimenti nella capitale del Sudan, Khartoum, infrangendo l’ultimo cessate il fuoco per consentire alla popolazione di mettersi in salvo.
Si sono intensificati i combattimenti nella capitale del Sudan, Khartoum, infrangendo l’ultimo cessate il fuoco per consentire alla popolazione di mettersi in salvo. Addio tregua: l’esercito ha riferito che sono ripresi gli attacchi alla città da tutte le direzioni, con attacchi aerei e artiglieria pesante, per stanare i rivali paramilitari. Milioni di persone sono rimaste intrappolate nella capitale, dove il cibo scarseggia. I paesi stranieri hanno intanto evacuato tutti i loro cittadini in mezzo al caos.
Il comandante dell’esercito Gen Abdel Fattah al-Burhan e il capo della RSF Gen Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemedti, sono in lizza per il potere e sono in disaccordo in particolare sui piani per includere la RSF nell’esercito.
Il Ministero federale della sanità sudanese ha riferito che il bilancio delle vittime degli scontri è salito a 528, con 4.600 feriti. Il ministero ha rilasciato una dichiarazione sulle cause umane dei combattimenti dal 15 al 27 aprile 2023, indicando che le battaglie si stanno svolgendo principalmente negli stati di Khartoum e del Darfur occidentale.
Gli scontri, iniziati il 15 aprile, tra l’esercito sudanese e le forze paramilitari della Rapid Support Forces (RSF), sono i primi da quando le fazioni rivali hanno unito le forze per destituire il Presidente del Sudan Omar al-Bashir nel 2019 e sono state scatenate da un mancato accordo sull’integrazione della RSF nell’esercito come percorso verso un governo civile. La RSF era stata fondata proprio da Bashir per reprimere una ribellione nel Darfur partita vent’anni fa a causa dell’emarginazione politica ed economica della popolazione locale da parte del governo centrale del Sudan.
«Sin dalle prime notizie degli scontri – aveva detto il ministero degli Esteri- la Farnesina aveva attivato uno stretto coordinamento con la presidenza del Consiglio, il ministero della Difesa e le Agenzie di sicurezza per monitorare le situazione e valutare le opzioni a tutela dei cittadini italiani, che sono stati contattati individualmente dall’Unità di Crisi per verificare le loro condizioni. Grazie a un’operazione coordinata dall’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri, con assetti della Difesa e il supporto dell’intelligence, sono stati messi in sicurezza oltre 100 connazionali, fra cui il personale diplomatico. Con il volo di un C130 dell’Aeronautica militare e un secondo volo di un AM400 spagnolo sono stati trasferiti a Gibuti 105 cittadini italiani e 31 stranieri, fra cui cittadini portoghesi, australiani, greci, britannici, svedesi.