(Roma, 29.04.2023). Le Forze di supporto rapido hanno denunciato la prosecuzione di “bombardamenti” in aree residenziali della capitale ad opera dell’esercito
In Sudan il cessate il fuoco, prorogato per 72 ore giovedì, sta vacillando. In alcune aree della capitale, Khartum, vengono segnalati attacchi aerei e con carri armati e artiglieria. Lo riferisce l’emittente britannica “Bbc”, che riporta anche l’allarme dell’ex primo ministro sudanese Abdalla Hamdok, secondo cui il conflitto può diventare “un incubo per il mondo”, peggiore di quelli della Siria e del Libano. Anche “Sudan News” riferisce di scontri soprattutto nell’area di Khartum, Bahri e Omdurman, a vantaggio delle Forze armate sudanesi (Saf), l’esercito regolare che fa capo al generale e presidente di fatto Abdel Fattah al Burhan, sulle Forze di supporto rapido (Rsf) del generale Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo. Secondo “Sudan News”, inoltre, nello Stato di Gedaref è stato dichiarato lo stato di emergenza. Parlando a una conferenza a Nairobi, in Kenya, Hamdok ha sottolineato che quello in atto non è uno scontro tra forze armate regolari e un piccolo gruppo di ribelli: “Sono quasi due eserciti, ben addestrati e ben armati”, ha avvertito. L’ex premier ha invocato uno sforzo internazionale per convincere le parti in lotta per il potere a sedere al tavolo delle trattative e ha sottolineato che in un Paese “enorme e con grandi diversità” la guerra potrebbe provocare centinaia di migliaia di morti e milioni di rifugiati, con una conseguente instabilità nella regione.
Le Forze di supporto rapido, in un comunicato, hanno denunciato la prosecuzione di “bombardamenti” in aree residenziali della capitale ad opera dell’esercito, accusando Abdel Fattah al Burhan di organizzare “un colpo di stato violento con gli estremisti della Fratellanza musulmana legati all’ex dittatore e alto ufficiale sudanese Omar al Bashir”. Le Rsf hanno assicurato di essere al lavoro per “aprire corridoi sicuri per i cittadini sudanesi, i residenti e non residenti, per permettere loro l’accesso a ciò di cui hanno più bisogno e facilitare l’evacuazione”. Le forze di Dagalo, inoltre, hanno assicurato di essere “fermamente impegnate al cessate il fuoco”, “per la democrazia, per i diritti umani e per l’istituzione di un governo civile”.
Dagalo, in un’intervista telefonica alla “Bbc”, ha dichiarato che non intende partecipare a trattative fino alla fine dei combattimenti. “Cessate le ostilità. Dopodiché potremo negoziare”, ha affermato. Al Burhan, secondo “Sudan Tribune”, ha precisato di aver accettato “in linea di principio” la proposta di colloqui avanzata dall’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), ma di non aver ancora inviato una delegazione a Giuba, nel Sud Sudan. L’organizzazione internazionale che riunisce i Paesi del Corno d’Africa ha preso l’iniziativa all’indomani dello scoppio della crisi, per spingere i leader delle due fazioni militari rivali ad avviare un confronto.