(Roma, 18.04.2023). La centrale nucleare della Rosatom, la possibile nuova base navale russa a Port Sudan: sono questi due degli interessi principali di Mosca in Sudan. Interessi importanti, quasi vitali per la politica africana del Cremlino. Chiaro quindi che la situazione nel Paese viene monitorata da vicino dalla capitale russa. Anche perché una delle forze in campo, la RSF guidata dal Hemeti Dagalo, è ritenuta essere molto vicina alla Wagner. Ossia alla compagnia privata di Yevgeniy Prighozin in questo momento impegnata in prima linea in Ucraina. Difficile però capire il livello di influenza degli attori esterni in quello che al momento appare come un conflitto tutto interno al Sudan. Difficile quindi mettere in relazione gli interessi russi con un’eventuale influenza di Mosca nell’attuale caos di Khartoum.
L’avvicinamento tra Mosca e Khartoum
Gli scontri scoppiati sabato fanno parte del tentativo di un golpe orchestrato da Mohammed Dagalo, meglio noto come Hemeti. Un tentativo al momento rimasto in una fase di stallo: tra le sue forze di intervento rapido (RSF) e l’esercito regolare è battaglia in molti quartieri di Khartoum e in diverse basi militari sparse nel Paese. Ad ogni modo, l’intervento di Hemeti andrebbe a costituire il terzo colpo di Stato in Sudan dal 2019. Il primo, condotto nell’aprile di quell’anno, ha tolto dal potere Omar Al Bashir.
Ed è con quest’ultimo che Mosca ha iniziato ad avvicinarsi al governo di Khartoum. Il contesto è quello del ritorno della Russia sulla scena mediorientale, iniziato con l’intervento in Siria nel 2015 al fianco del presidente Bashar Al Assad e proseguito poi con il sostegno del Cremlino al generale Khalifa Haftar in Libia. In quest’ottica, la Russia ha iniziato a guardare con interesse al Sudan. Paese strategico, affacciato sul Mar Rosso e vero e proprio anello di congiunzione tra il mondo arabo e quello subsahariano.
Nel 2017 la collaborazione tra Mosca e Al Bashir si è palesata con la stipula di un contratto per la costruzione di una centrale nucleare nel Sudan. Rosatom, l’agenzia atomica russa, in quell’occasione si è detta pronta a investire miliardi di dollari per dotare il Paese africano di un impianto capace di sopperire alla penuria di risorse energetiche. Gli interessi del Cremlino non erano solo economici. Mosca pensava anche alla possibilità di una grande base navale a Port Sudan, principale città costiera sudanese. Appena pochi mesi fa, il governo di Khartoum ha dato il via libera per l’insediamento della nuova base.
I rapporti tra la Wagner e la RSF
Il semaforo verde alla costruzione della base russa è arrivato perché Mosca anche dopo la detronizzazione di Bashir non ha perso contatto con la leadership sudanese. Anzi, nel Sudan post 2019 l’influenza russa è cresciuta. E come già accaduto nel Mali e in Repubblica Centrafricana, il Cremlino ha potuto allungare le mani nel Paese grazie ai contractors della Wagner. La presenza dei mercenari russi è stata accertata in più occasioni. I combattenti di Prigozhin hanno addestrato e formato decine di combattenti, specie tra le file della RSF.
Le forze comandate da Hemeti, prima dell’ultimo tentativo di golpe, costituivano un esercito a sé stante. Con propri accordi e propri alleati, non sempre corrispondenti a quelli dell’esercito regolare. L’attuale stato di conflitto è scoppiato proprio perché Hemeti non voleva rinunciare a questi privilegi, reagendo al disegno politico volto ad assoggettare le RSF ai militari. In ballo non c’è soltanto il prestigio di comandare una forza paramilitare: grazie alle sue RSF, Hemeti ha potuto prendere il controllo delle miniere d’oro e diventare l’uomo più influente del Sudan. Proprio il commercio d’oro ha fatto sviluppare un maggiore potere contrattuale con la Wagner. Non è un caso che il comandante delle forze di intervento rapido si trovasse a Mosca il 24 febbraio 2022, nella notte cioè in cui è scoppiata la guerra in Ucraina: in uno dei giorni più delicati della recente storia russa, Hemeti è andato a chiedere nuove armi e nuovi elicotteri per le sue forze.
La situazione nel Paese africano
Dietro il caos di questi giorni però, non è detto ci sia lo zampino di Putin. La Russia tramite la Wagner ha buoni rapporti con Hemeti, ma gli accordi per la base di Port Sudan sono stati stretti con il legittimo governo di Khartoum guidato dal generale Al Burhan. Mosca intrattiene quindi legami con entrambe le forze attualmente impegnate negli scontri. Il Cremlino si è unito non a caso all’unanime coro internazionale con il quale è stata chiesta l’immediata tregua.
Gli scontri però sembrano destinati a durare a lungo. Hemeti e Al Burhan hanno interessi interni contrapposti, difficilmente si arriverà a un immediato cessate il fuoco. A meno che nell’attuale stallo nessuna delle parti in causa riesca a prevalere. In quest’ultimo caso, allora dall’esterno potrebbero arrivare serie pressioni per uno stop alle ostilità.
Di Mauro Indelicato. (Il Giornale/Inside Over)