(Roma, 10.04.2023). Tre giorni consecutivi di esercitazioni. Tre giorni in cui la tensione tra Cina e Taiwan (e di riflesso quindi anche Stati Uniti) è alta. Altissima. Per Pechino si tratta di un atto di rappresaglia per l’incontro tra il presidente Tsai Ing-wen e quello della Camera dei rappresentanti Usa Kevin McCarthy. Non appena sono iniziate le esercitazioni, Washington ha chiesto “moderazione” a Pechino, sottolineando che “i nostri canali di comunicazione con la Repubblica popolare cinese rimangono aperti e abbiamo costantemente sollecitato nessun cambiamento dello status quo”. “Siamo fiduciosi di disporre di risorse e capacità sufficienti nella regione per garantire la pace e la stabilità e per rispettare i nostri impegni di sicurezza nazionale”, ha affermato un portavoce del Dipartimento di Stato, il quale ha aggiunto che gli Stati Uniti stanno “monitorando da vicino le azioni di Pechino”.
Le autorità dell’isola sono allarmate. Il ministero della Difesa ha registrato, solamente nell’arco di quattro ore, 59 aerei da combattimento, 39 dei quali hanno attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan, e 11 navi dell’esercito cinese. Taiwan è accerchiata. O almeno questo è l’obiettivo delle esercitazioni cinesi, come riporta il Comando del teatro orientale dell’Esercito popolare di Liberazione. Con una novità. Questa volta, gli aerei di Pechino sono dotati di “armi reali” e hanno condotto “attacchi simulati vicino a Taiwan”: “Molteplici caccia H-6K, che trasportavano munizioni vere, hanno effettuato molteplici ondate di attacchi simulati su obiettivi importanti”, si legge in una nota in cui si sottolinea che, alle esercitazioni, ha partecipato anche la portaerei Shandong.
Si muovono le navi americane
Oggi la Marina americana ha annunciato che il cacciatorpediniere missilistico Uss Milius ha condotto una missione sui diritti e le libertà di navigazione nel mar Cinese meridionale, vicino alle Isole Spratly, rivendicate da Pechino. Tale operazione, “è conforme al diritto internazionale”, ha precisato l’Us Navy. Di tutt’altro avviso sono però le autorità cinesi che si sono affrettate a dire: “Il cacciatorpediniere missilistico Uss Milius si è introdotto illegalmente nelle acque adiacenti al Meiji Reef nelle isole cinesi di Nansha, senza l’approvazione del governo cinese”. L’aeronautica di Pechino, ha dichiarato un portavoce dell’esercito cinese, “ha sorvegliato la nave”.
L’obiettivo delle esercitazioni cinesi
Le cronache fornite dai media di Pechino parlano di esercitazioni in grande stile. Secondo Cctv, “la Cina ha simulato attacchi di precisione congiunti contro obiettivi chiave sull’isola di Taiwan e sulle acque circostanti”. La tv di Stato fa anche sapere che l’aeronautica ha schierato decine di aerei per “volare nello spazio aereo bersaglio” e che le forze di terra hanno effettuato esercitazioni per “attacchi di precisione multi-bersaglio“.
Solamente nel primo giorno di esercitazioni, 71 aerei e nove navi militari dalla Cina hanno effettuato incursioni nelle aree intorno a Taiwan durante le manovre effettuate dall’esercito cinese nelle aree vicino all’isola. Ad essere impiegati da Pechino sarebbero caccia SU-30, J-10 e J-11. Come spiega con toni trionfalistici la tv di Stato cinese, le esercitazioni mirano a misurare la capacità di Pechino di “prendere il controllo del mare, dello spazio aereo al fine di creare deterrenza e accerchiamento totale” di Taiwan.
Di Matteo Carnieletto. (Il Giornale/Inside Over)