«Un’ora e colpivano il Cremlino». Così Kiev ha spaventato Mosca

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(Roma, 01.03.2023). Il drone che ha lambito la regione di Mosca è un avvertimento che non può essere passato inosservato tra i corridoi del potere del Cremlino: è caduto un’ora prima di raggiungere la capitale russa

Così come Mosca può lanciare i suoi raid contro i bersagli strategici situati nel territorio ucraino, anche Kiev può colpire la Russia. L’ultima dimostrazione è arrivata il 28 febbraio, quando nei cieli russi si sono volatilizzati misteriosi ospiti indesiderati. Erano droni incaricati di effettuare raid chirurgici. Uno di questi si è schiantato vicino a Kolomna, ad un centinaio di chilometri a sud est dal Cremlino. Secondo le autorità, il drone doveva « probabilmente » compiere un attacco diretto contro una infrastruttura civile.

L’avvertimento di Kiev

Il drone che ha lambito la regione di Mosca è un avvertimento che non può essere passato inosservato tra i corridoi del potere del Cremlino. Anche perché, come ha sottolineato Repubblica, il velivolo è caduto a pochi passi dalla capitale russa, non sappiamo se in seguito ad un abbattimento o a causa di un guasto tecnico.

A conti fatti, possiamo dire che Vladimir Putin ha passato un brutto quarto d’ora. Già, perché quel piccolo drone, si dice un UJ-22 Airbone prodotto dall’ucraina Ukrjet, a detta delle autorità russe si è fermato a un’ora di viaggio da Mosca. Nel caso in cui avesse portato a termine la missione, chissà quale bersaglio sarebbe andato a colpire. E non è neppure da escludere che l’Ucraina possa contare su una rete di spie attive sul territorio russo. Non è un caso che l’Fsb stia monitorando ogni minimo segnale.

L’attacco dei droni

A peggiorare la situazione, per la Russia, c’è il fatto che la vicenda appena ricostruita non è un fulmine a ciel sereno. Mosca ha dovuto fronteggiare un attacco multiplo sferrato da droni ucraini che, per diverse ore, pur senza causare ingenti danni, ha gettato nel panico e nella confusione le autorità russe.

Giusto per elencare gli accadimenti, si sono prima registrate diverse esplosioni a Belgorod, a una quarantina di chilometri dal confine ucraino. In un secondo momento si è poi diffusa la voce dell’avvistamento di un drone a San Pietroburgo, con la conseguente chiusura dello spazio aereo sopra l’aeroporto cittadino per circa un’ora e l’alzata in volo di caccia per capire cosa stesse accadendo.

A chiudere il cerchio troviamo il drone caduto alle porte di Mosca e il probabile attacco, questa volta andato a segno, contro un deposito di petrolio del colosso petrolifero controllato dal governo russo Rosneft nella città di Tuapse.

La risposta dell’Ucraina

A ben vedere, non è la prima volta che i droni ucraino creano scompiglio oltre i confini russi. All’inizio di dicembre era partita una campagna di attacchi coordinata da Kiev e basata su droni di media grandezza, capaci di viaggiare per centinaia di chilometri.

In quei giorni erano stati colpiti bersagli rilevanti, tra cui l’aeroporto militare di Engels, da dove partono i bombardieri che sparano missili sulle città ucraine, e la base militare di Dyagilevo, a 160 chilometri a Sud di Mosca. Sono seguiti altri blitz silenziosi. Come quello che ha colpito in pieno un deposito di petrolio nella regione di Kursk.

Piccola nota tecnica: gli ucraini utilizzano solitamente droni commerciali. L’UJ-22 è in grado di volare per 800 chilometri trasportando un carico di 20 chilogrammi. Quanto basta, sulla carta, per partire da Kharkiv e arrivare a Mosca. Non stiamo parlando di un velivolo invisibile ai radar; però ha dimostrato di poter bucare le difese russe.

Altro aspetto da considerare: questi droni sono fabbricati in Ucraina. Significa che non sono armi occidentali, e che quindi Kiev non deve dipendere dal blocco occidentale. Ricordiamo che gli Stati Uniti hanno fin qui sempre negato l’invio al governo ucraino di missili capaci di colpire bersagli sul territorio russo.

Di Federico Giuliani. (Il Giornale)