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Brasilia: si muove la magistratura, rimossi il governatore e il responsabile sicurezza, ex ministro di Bolsonaro

(Roma, 09.01.2023). Alexandre de Moraes, presidente del tribunale Supremo, bestia nera dei bolsonaristi, ha disposto le prime misure che puntano a capire soprattutto chi ha tollerato l’assalto, chi lo ha protetto e finanziato. Il ruolo dei miltari

A Brasilia si muove la magistratura e ordina una serie di misure che puntano a capire soprattutto chi ha tollerato l’assalto dei manifestanti ai palazzi del potere, chi li ha protetti e chi finanziati. Organizzare l’arrivo di centinaia di bus con migliaia di sostenitori di Jair Bolsonaro non è semplice. Ha dei costi e ha bisogno di coperture. Ha destato scalpore l’inerzia della Polizia militare davanti all’invasione dell’Esplanada nel cuore della capitale politica, un’area attentamente sorvegliata e proibita a manifestazioni non autorizzate. Il presidente Lula ha chiesto di punire in modo esemplare, e presto, tutti i protagonisti del saccheggio selvaggio del palazzo del Congresso, della sede della Presidenza e del Tribunale Superiore Federale, distrutti e devastati da una furia che ricorda l’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio del 2021.

Rimosso il governatore del Distretto Federale

Ma è stato Alexandre de Moraes, presidente del Supremo dall’agosto del 2022, bestia nera dei bolsonaristi, a disporre le prime misure. Ha ordinato la rimozione del governatore del Distretto Federale, lo Stato che ospita Brasilia, Ibaneis Rocha di Mdb, partito di centro destra, legato a Bolsonaro. Per 90 giorni non potrà svolgere le sue funzioni. Mentre la folla invadeva Praça dos Três Poderes e si capiva quali intenzioni avessero, ha dichiarato che si trattava di una « manifestazione politica libera ». Solo più tardi, quando le forze dell’ordine sono riuscite a fatica a riconquistare i tre palazzi, ha espresso parole di condanna. Di circostanza, senza molta convinzione.

Stesso provvedimento nei confronti del segretario alla Sicurezza Pubblica Anderson Torres, già ministro della Giustizia nel governo Bolsonaro, nominato appena una settimana fa da Lula come responsabile della sicurezza nel Distretto Federale. Era lui a dover gestire la situazione. Si è scoperto che aveva preso il largo due giorni fa per andare negli Usa. Nelle ore drammatiche dell’assalto a Brasilia si trovava, guarda caso, a Orlando. Nella stessa città dove si è rifugiato Jair Bolsonaro alla vigilia di Capodanno. La coincidenza è apparsa subito quantomeno singolare, anche se Torres si è affrettato a negare di aver incontrato il suo ex capo dicendo che era in Florida perché lì vive parte della sua famiglia.

Il magistrato bestia nera dei bolsonaristi

Alexander de Moraes è deciso a individuare tutti i partecipanti. Ha disposto il sequestro degli autobus identificati dalla Polizia Federale « che hanno portato i terroristi nel Distretto Federale ». Ha elencato le targhe di 87 mezzi. Ha vietato l’ingresso nell’intero Stato di qualsiasi autobus o camion fino al 31 gennaio; ha ordinato di interrogare gli autisti dei mezzi carichi di manifestanti. Ha sequestrato tutte le immagini delle telecamere di sorveglianza della capitale: serviranno al riconoscimento facciale di chi ha devastato le tre sedi istituzionali. Ha anche ordinato al direttore della Polizia federale, Andrei Rodrigues, di bloccare 17 profili sui social che continuano ancora in queste ore a incitare la popolazione a ribellarsi e di rimuovere altri 14 che chiedono l’intervento dei militari. Ci sono oltre 300 arresti, ma la cifra varia di ora in ora: si era parlato di 160, si è arrivati a indicarne 400. Trenta sono stati sorpresi all’interno del Senato.

Caccia ai militari

Ma è soprattutto sui militari che si concentra l’azione del Tribunale Supremo. « Le invasioni di una zona così tutelata », afferma il presidente Alexandre de Moraes, « possono avvenire solo con il consenso, e anche l’effettiva partecipazione, delle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence, poiché l’organizzazione delle presunte manifestazioni era un fatto notorio, è stata addirittura divulgata sui media brasiliani ». L’alto magistrato ha messo in fila una serie di fatti che a suo parere dimostrano « le omissioni e le connivenze di diverse autorità ». Intanto, « l’assenza della necessaria vigilanza » da parte della polizia militare dello Stato; poi « l’autorizzazione all’ingresso di autobus nell’area protetta »; quindi, « la completa inerzia nello smantellamento del campo allestito davanti al quartiere generale dell’esercito ».

Tutti sapevano quello che poteva accadere. Da settimane accampati davanti alla caserma centrale delle Forze Armate, centinaia di seguaci di Bolsonaro hanno subito detto che prima o poi avrebbero assaltato i palazzi del potere. Aspettavano solo la reazione dei militari. Volevano capire se fossero disposti a intervenire con un golpe che invocavano a viva voce. Forti al centro, fortissimi nel sud del Brasile, i militanti della destra estrema vivono una realtà parallela. Assistono a un film tutto loro: non hanno nemmeno creduto alla vittoria di Lula.

Complicità silenziose

Quando, subito dopo la dichiarazione ufficiale del risultato delle elezioni, hanno visto il leader della sinistra apparire davanti al pubblico che lo acclamava erano convinti che si trattasse di uno scherzo. Sulle chat di Wathsapp e Telegram, seguitissime dai bolsonaristi, si aspettava solo che qualcuno salisse sul palco e togliesse la maschera a Lula per scoprire quello che pensavano: era una commedia, quell’uomo era un attore. Scoprire invece che era tutto vero è stato come piombare in un incubo che vogliono dissipare. Vogliono vedere Lula in carcere, non presidente che siede a Planalto. Per loro incarna il diavolo, l’antiCristo, il simbolo del comunismo quando Lula è stato tutto ma mai comunista.

L’atteggiamento ondivago, ambiguo dell’esercito, resta un tema centrale anche in queste ore drammatiche per il Brasile. Ufficialmente il vertice delle Forze Armate si è schierato con la Costituzione. Rispetta il verdetto delle urne. Ma al suo interno serpeggiano sentimenti golpisti. Nel governo Bolsonaro c’erano 20 militari tra ministri e sottosegretari. Molti sono stati eletti come governatori. Al Congresso la destra è maggioritaria. Lula si trova davanti a uno scenario difficile e complesso. La strada per governare inizia in piena salita. Vedere, come appare in alcuni video apparsi sul web, i soldati che scortano i manifestanti mentre entrano nella spianata dei ministeri e bloccano di fatto la polizia, è un segnale pericoloso.

Di Daniele Mastrogiacomo. (La Repubblica)

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